Per le concessioni balneari siamo arrivati finalmente al dunque:
dopo 16 anni dalla legge Bolkestein (sulla concorrenza), dopo le sentenze della Corte dei Conti, del Tar, della Corte Costituzionale e della Corte Ue si è arrivati alla decisione di mettere a gara le concessioni.
Naturalmente si da la colpa alla Ue matrigna che per reconditi e indicibili scopi vuole affamare i lavoratori della categoria.
Invece è un provvedimento che andava preso da anni per ragioni di equità e di concorrenza, valori fondamentali per uno stato davvero moderno e liberale.
Infatti non si può negare che esista una corporazione dei gestori che, con il solito pretesto di salvare il posto di lavoro ai poveri bagnini, impedisce qualsiasi concorrenza, difendendo privilegi assurdi: esistono bagni privati che dietro concessioni di poche decine di migliaia di euro hanno un reddito dichiarato di milioni (senza considerare il nero onnipresente in questi comparti economici); è sufficiente considerare che il Comune di Milano incassa 80 milioni l’anno per gli affitti della Galleria, mentre lo Stato incassa c115 milioni per le concessioni di tutte le spiagge italiane (comprese quelle più prestigiose). Quindi dobbiamo ringraziare la UE che ci obbliga finalmente ad adottare provvedimenti a favore di tutti perché il mettere a concorrenza un servizio serve a tutti: ci sarà un servizio migliore e incassi finalmente proporzionati ai redditi realizzati grazie all’uso di un bene pubblico, cioè di tutti.
Questo non significa che, come in tutti i casi, non si debbano adottare norme transitorie per venire incontro alle esigenze dei più deboli: ad esempio si potrebbe prevedere che chi subentra compensi gli investimenti non ancora ammortizzati o che le piccole imprese famigliari ottengano aiuti proporzionati al reddito regolarmente dichiarato.
di Angelo Gazzaniga