Basta canone Rai. La tv guardi al futuro

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Mentre in Italia si discute di come far pagare il canone, la tassa più evasa in assoluto, la televisione generalista sembra ormai avviata sul viale del tramonto, grazie a Internet

La tassa sul televisore – perché di questo stiamo parlando nonostante negli anni ce l’abbiano spacciato come “abbonamento” – esiste da quando le prime trasmissioni radio si sono affacciate nell’etere del Belpaese. “Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni – recita l’art. 1 del Regio decreto legge numero 246 del 1938 – è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto”.

Sono passati 76 anni ma siamo ancora fermi a quel punto. Nel frattempo un po’ di cose sono cambiate: è nata la tv (all’epoca c’era solo la radio); è arrivato il colore, sono esplose le tv private, poi quelle a pagamento coi segnali criptati; la tv si è spostata sul satellite, affiancata dal “digitale terrestre”. Infine, con la nascita e lo sviluppo di Internet, esistono molte nuove opportunità non solo di fruizione ma anche di creazione dei contenuti editoriali (web dirette, ecc.). Facendo un parallelo con l’aeronautica, siamo passati dai primi esperimenti dei pionieri dell’aria per far spiccare il volo all’uomo, ai voli nello spazio e alle missioni per raggiungere Marte. Eppure il canone Rai è sempre lì. Nessuno si sogna di toccarlo.

L’evasione è altissima. Si calcola che non paghino il canone dal 25 al 50% delle famiglie tenute a farlo. Ma secondo le associazioni di consumatori la quota potrebbe essere più alta. Secondo una stima del governo si tratta di 450 milioni di euro non incassati ogni anno. Non sono certo bruscolini.
Per cercare di porre rimedio a questa maxi evasione i tecnici di Palazzo Chigi hanno studiato un meccanismo volto a legare la riscossione del tributo alle bollette dell’elettricità (la proposta iniziale risale al 2006). L’obiettivo è quello di recuperare se non tutti almeno due terzi dell’evasione (circa 300 milioni). Obiettivo raggiungibile, tenendo conto che, non si può “scappare”: l’utenza elettrica in casa ce l’hanno proprio tutti. Nelle intenzioni del governo c’è anche la riduzione del canone, portandolo dagli attuali 113,50 euro a 60-65 euro. Un bel risparmio, sulla base del principio “pagare meno, pagare tutti”. Inizialmente si era sparsa la voce che sarebbero state “colpite” pure le utenze elettriche delle seconde e terze case sfitte. Poi però è arrivata la smentita di Palazzo Chigi.
L’operazione “canone in bolletta” non è di facile realizzazione. L’Autorità dell’energia, che “veglia” sulle bollette della luce e del gas, ha fatto sapere che il meccanismo potrebbe essere illegale e molto difficile da gestire. Le aziende elettriche, infatti, dovrebbero assumersi oneri tecnici e legali molto complessi (staccare la luce o no a chi non paga il canone?). Per questo per ora l’operazione è slittata e si stanno valutando altre ipotesi.
L’esatta qualificazione giuridica del canone Rai è stata data dalla Corte costituzionale: “Benché all’origine apparisse configurato come corrispettivo dovuto dagli utenti del servizio (…) ha da tempo assunto, nella legislazione, natura di prestazione tributaria, fondata sulla legge (…) E se in un primo tempo sembrava prevalere la configurazione del canone come tassa, collegata alla fruizione del servizio, in seguito lo si è inteso come imposta” (sentenza n. 284 del 26 giugno 2002).
Giusto per chiarire che stiamo parlando di un’imposta. E che il “servizio pubblico” non c’entra un bel nulla. Anche perché, con tutta franchezza, appare difficile associare la definizione “servizio pubblico” al giochetto dei “pacchi” su Raiuno, o ad altri format ancor più deprimenti. Qualche anno fa uno spot della Rai recitava: “Di tutto di più”. Oggi forse potremmo dire: “Di peggio, di più”. Ovviamente ci sono anche programmi di qualità, bisogna riconoscerlo. Ma resta il fatto che i cittadini-spettatori non sono liberi di scegliere se vederli (o meno), e pagarli (o meno). Non esiste libertà di scelta. E i tanti soldi raccolti ogni anno con il canone servono per mantenere in vita una macchina che potrebbe tranquillamente essere messa sul mercato e competere con Mediaset, Sky, La7 e le altre reti minori. Visto che in buona parte si regge sulla pubblicità, esattamente come la normalissima “tv commerciale”.
Intanto esistono già nuove forme di “auto composizione” del proprio palinsesto. In America Netflix (nata nel 1997 per un servizio di noleggio Dvd e videogiochi, dal 2008 servizio di streaming online on demand) ha un grandissimo successo ed è arrivata anche a produrre proprie serie tv: tra queste “House of Cards”. In Italia – causa banda larga che purtroppo latita – non c’è ancora. Uno si abbona e scarica-vede ciò che vuole, quando vuole, come vuole (anche tutta una serie di fila, senza aspettare settimane o mesi per saper come va a finire). Un nuovo modo di vedere la tv (e anche di produrla!). Grazie a Internet. Anche la tv a pagamento, per certi versi, è già superata. I signori del canone Rai se ne renderanno conto prima o poi?
Orlando Sacchelli ha creato una pagina Facebook che si chiama “Aboliamo il canone Rai”

Orlando Sacchelli

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