C’è sempre qualcuno che si oppone all’ecumenismo: nel caso di Bergoglio e Kirill i cattolici uniati
Dopo l’incontro fra il patriarca di Mosca Kirill e il Papa, i cattolici ucraini si sentono traditi e abbandonati. Quando ne parlo con padre Porfirio, sacerdote ucraino-brasiliano del monastero basiliano di san Giosafat a Roma, noto che nel mio interlocutore prevale lo spirito diplomatico. “L’incontro è stato positivo”, dice, ma poi aggiunge: “comunque le persecuzioni ci hanno sempre reso più forti”. I 4 milioni di cattolici di rito orientale ucraini (i cosiddetti “uniati”), son stati spesso considerati un ostacolo all’ecumenismo. Eppure questi coraggiosi cristiani sono sopravvissuti eroicamente alle feroci persecuzioni comuniste e ancora oggi devono subire soprusi nelle zone controllate da Mosca come la Crimea e le regioni ribelli dell’Ucraina orientale.
Per commentare l’incontro cubano fra Bergoglio e il braccio religioso di Putin, Kirill, Porfirio mi rimanda alle dichiarazioni del capo della Chiesa greco cattolica ucraina, l’arcivescovo maggiore di Kyiv, Sviatoslav Shevchuk. Al di là delle solite glorificazioni di circostanza dei media atei innamorati di Bergoglio, Shevchuck descrive l’incontro in tutta la sua drammatica, gelida freddezza: “Nessuna preghiera comune, l’aeroporto come un ambiente neutrale e non ecclesiastico. L’impressione è che esistano in due mondi paralleli; non so se queste due realtà si siano intersecate durante questo incontro, ma secondo le regole matematiche due rette parallele non si intersecano mai”.
E i frutti dell’evento tanto voluto dalla diplomazia moscovita sono avvelenati. La Dichiarazione congiunta firmata a Cuba lascia infatti intendere che in Ucraina sia in corso “un conflitto civile e non l’aggressione di un Paese vicino”, cioè della neoimperialista Russia putiniana. “Come è successo già in passato, parlano di noi senza di noi, senza darci voce”, lamenta il vescovo, con un chiaro riferimento alla Ostpolitik del cardinale Casaroli, che negli anni settanta abbandonò i dissidenti cattolici al loro destino nei gulag, preferendo il dialogo con il regime ateo sovietico alle ragioni di chi soffriva per la sua fede. Ricorda che “sul territorio dell’annessa Crimea, siamo ‘ri-registrati’ secondo la legislazione russa e nei fatto liquidati”. “Mi hanno contattato in molti per dirmi che si sentivano traditi dal Vaticano, delusi dalle mezze verità del testo e dal sostegno indiretto della Santa sede all’aggressione contro l’Ucraina”, continua Shevchuck.
Ancora più duro il commento di un altro importante esponente del cattolicesimo ucraino, Myroslav Marynovych, vicerettore dell’università cattolica di Leopoli e lui stesso già prigioniero del regime sovietico. “Essendo cresciuto in Sud America, il Papa non può capire la situazione dell’Est Europa”, dice. Quindi ricorda le enormi violazioni dei diritti umani e religiosi nei territori occupati dalla Russia: “Sto parlando della Chiesa Ortodossa Ucraina (non legata al patriarcato di Mosca) e dei greco cattolici in Crimea e in Ucraina orientale, nonché alle violenze verso i pastori protestanti, gli arresti arbitrari e le scomparse misteriose di attivisti tatari in Crimea. La dichiarazione non fa cenno a questi fatti. Il Papa ha avuto l’opportunità di difendere le vittime dell’aggressione russa, ma non ha detto una parola. Sulla questione ucraina, la Chiesa cattolica ha rinunciato alla verità in nome di un effimero dialogo con la Russia”. E conclude: “L’incontro segna l’inevitabile vittoria dell’ FSB [KGB] e del Cremlino e di tutti i loro fedeli servitori e la totale sconfitta della diplomazia ucraina in Vaticano”. Più chiaro di così…
Andrea Colombo