Biennale di Venezia…esserci

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imageL’arte è oggi un nobile divertissment per esserci. Sì, l’heidegerriano “essere gettati”, l’”essere in posizione” dei situazionisti, il “sentirsi coessenziali” al mondo di Sartre… E’ questo il modo d’essere del who’s who del mondo dell’arte, è questa la funzione dell’arte contemporanea, una funzione quasi terapeutica, specie per chi teme di vivere tagliato fuori dal grande gioco del mondo, di cui l’arte è riflesso.
Se uno gira per la Biennale nei giorni d’inaugurazione (il cosiddetto vernissage) lo capisce benissimo. Da dopo le Avanguardie, l’arte non è più da capire (gli studiosi lo sanno), è una forma di consumo finanziario che si afferma attraverso il sistema “pubblicitario” dei media per stupire. Niente di male! Solo che molti (specie molte) che vagabondano visitando mostre, promuovendo questo o quello, che… “noi che lavoriamo nell’arte” ecc ecc… non hanno capito che non c’è niente da capire. O, almeno, non si rassegnano. E così, per darsi una ragione della loro attività, è un continuo bla bla bla davati alle “opere” (cioè agli hedge fund): parlano di significati e di bellezza, ovvero di qualcosa che è sideralmente lontano dall’arte contemporanea. Uno dovrebbe dire solo come si sente davanti all’opera e non “che bello”, “significa questo e quello…” oppure “l’ho già visto” (affermazione che connota l’essere in). Sarebbe sufficiente dire: “Provo qualcosa”. O, se si vuole essere analitici, si potrebbe dire quanto è costato, in quanti giorni è stato realizzato, con quali materiali e cose del genere. Queste ultime affermazioni sarebbero più in tema con il grande tema dell’arte contemporanea molto politically correct: esserci. Esserci alle feste, soprattutto. Con tanto di problema della scelte del vestito che, quest’anno a Venezia, è stata particolarmente complicata per l’icertezza del tempo: provate voi a scegliere il vestito per Pinault, Prada e tutti gli altri senza sapere se piove o farà caldo!

Brux

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