In un Paese come il nostro in cui si litiga praticamente su tutto c’è un argomento su cui c’è accordo unanime: governo, opposizione, sindacati, Confindustria hanno criticato la politica della Bce e contemporaneamente protestato per l’aumento dei prezzi.
Peccato siano posizioni incompatibili: se si vuole combattere l’inflazione occorre “raffreddare” l’economia attraverso l’aumento dei tassi, mentre se si vuole mantenere un’economia in espansione grazie a tassi bassi (o inesistenti) occorre rassegnarsi all’inflazione.
Non ci sono altre vie d’uscita: ce lo insegnano secoli di storia; a partire dagli editti dell’impero romano che pretendevano di ridurre i prezzi (e quindi l’inflazione) a colpi di decreti.
Del resto l’aumento dei tassi è inevitabile sia perché era ampiamente previsto che a politica dei tassi a zero (o addirittura negativi) dovesse prima o poi finire, sia perché l’inflazione è una tassa sui poveri e sui redditi fissi.
Rifiutare entrambe le soluzioni è la tipica soluzione populista e irrazionale: si trova un capro espiatorio (la Bce da una parte, gli speculatori, la guerra dall’altra) e non si risolve nulla: così si evitano di proporre (o peggio) trovare soluzioni che possono essere sgradite agli elettori e si lascia tutto come sta.
Quando invece compito di un vero statista sarebbe quello di affrontare i problemi, spiegarli e cercare delle soluzioni, anche se sgradite al alcuni.
di Angelo Gazzaniga