Ma cosa significa uscita della Gran Bretagna per il resto dell’Europa?
Le trattative sulle concessioni alla Gran Bretagna da parte della Commissione UE si sono concluse con una vittoria di Cameron, almeno da un punto di vista più formale che sostanziale: si è visto come la UE sia disposta a far concessioni pur di scongiurare la cosiddetta “Brexit”.
Ma erano concessioni davvero così necessarie?
Secondo noi:
- innanzitutto ci sembra fuori luogo che queste trattative siano state portate avanti al posto di una vera iniziativa comune sul problema migranti: è questo il problema che rischia di diventare esplosivo e centrale per la UE, non il referendum inglese. Se non si trova una soluzione in tempi brevi, se i singoli Stati iniziano a porre limiti alle frontiere di propria iniziativa, c’è il rischio serio che Grecia e (tra non molto) Italia siano abbandonate a loro stesse.
- In linea di principio come si ammette per ogni Stato la possibilità di chiedere l’ammissione alla UE così si dovrebbe dare ad ogni Stato la facoltà di allontanarsene quando vuole: l’unione deve essere basata sulla volontà comune, su scelte di fondo, non su trattati o, peggio, su trattative su singoli problemi
- La Gran Bretagna non si è mai sentita veramente parte effettiva dell’Europa. Resta famosa la frase della BBC: “oggi nebbia fitta sul Canale, il continente è isolato”. La sua partecipazione è sempre stata condizionata da interessi immediati (la famosa “politica del bottegaio” della Thatcher). Essa ha sempre avuto lo sguardo all’America e gli interessi all’Europa
- A conti fatti il costo della Brexit è molto più alto per la Gran Bretagna che per i Paesi UE: la City, vero motivo del contendere, è il cuore finanziario dell’Europa. Uscirne significa perdere questa posizione privilegiata e diventare una succursale di Wall Street: già ora molte banche inglesi hanno previsto, in caso di uscita, di spostare parte dei loro interessi a Parigi, Francoforte o, perché no, Milano.
- È ammissibile che le banche della City siano il polmone finanziario dell’intera Europa senza far parte dell’area euro e senza essere soggette ad alcun controllo da parte della BCE?
In conclusione, ben venga (o meglio resti) nella UE la Gran Bretagna, ma solo se ne accetta regole, principi e progetti e non solo quello che le conviene nel breve termine.
Ben venga, d’altro canto, che l’Europa anziché trattare al ribasso ogni pericolo di uscita di un membro (basti vedere come è stato considerato il caso Grecia) e affidare il proprio futuro a una burocrazia soffocante e limitante si convinca che solo con scelte politiche lungimiranti ed espansive può sperare di diventare la terza potenza mondiale dopo USA e Cina. Altrimenti andremo verso un futuro di lento quanto grigio, inesorabile e burocratico declino
Angelo Gazzaniga