Ma la crisi, ormai evidente, del Corriere è dovuta solo alla crisi di tutti i quotidiani o c’è anche dell’altro?
Quel che “Libero” ha pubblicato con il titolo “Cairo l’uomo del momento” nei segreti anfratti di via Solferino qualcuno lo pensa davvero. Con l’arrivo di Cairo e la débâcle dei giornaloni politically-correct avvenuta con Trump, qualcuno si aspetta un radicale cambiamento – non solo economico – ma di linea al “Corriere”. Una sorta di “ritorno ai valori” e al rispetto per il lettore dopo una quindicina d’anni nutriti a slogan conformistici e leccate all’establishment, strizzatine d’occhio radical-chic, teoria del gender, tardo femminismo in salsa Prada, ecologismo visto da via Brera, political-correctness di maniera, antileghismo spinto in un giornale che vende ben più del 50% in Lombardia. “Per decenni si è discusso se la Boldrini andasse chiamata la presidente, la presidentessa o il presidente della Camere e se mettere o meno l’articolo davanti ai nomi propri delle donne; intanto i nostri lettori s’impoverivano”, raccontano un paio di firme. “Anni fa ciascuno aveva un ruolo: adesso basta che tu partecipi al blog femminista e ti fanno scrivere di tutto, diventi esperto di ogni cosa, una firma”. “Un tempo si andava con un camper in periferia a spiegare cosa fosse il quotidiano – racconta qualche vecchio -: adesso si fanno i convegni sul clitoride al quale partecipano le amiche delle giornaliste che lo organizzano”.
Questo è il clima che i sopravvissuti agli ultimi dieci anni, che “sono sembrati un campo di rieducazione dei tempi di Pol Pot”, trasmette con amarezza. E anche sull’economia non c’è da stare allegri: si è sostenuta la defenestrazione di Berlusconi “per portare il pupillo di via Solferino, Mario Monti, al Governo e con quali risultati!”, poi Enrichetto Letta, marito di una giornalista Rcs, quindi si è suonata la grancassa ai vari Soros, Draghi e della amici della Bce messi a fare lezione tutte le mattine. Per non parlare della Cultura, che di recente ha dedicato quattro pagine al compleanno di Jovanotti o del proliferare di inserti chiesti dal marketing (e non si sa mai quanto veramente redditizi). “Torniamo alle competenze, c’è una grande occasione”, ripetono.
L’accoppiata Cairo-Trump è per qualcuno una speranza per disincagliare il Titanic-“Corriere” dall’oceano di conformismo finto NYT, FT, WSJ e dal delirio social in cui si è cacciato.
di Adam Brux