Ritiene storicamente sensato varare d’urgenza una nuova legge elettorale, senza prima rivedere la Carta costituzionale per definire componenti e funzioni delle Camere?
«Storicamente non ha senso, è chiaro, a meno che si tratti di un “paracadute” per lo scioglimento anticipato delle Camere. La priorità resta la riforma costituzionale, che auspicabilmente segni la fine del bicameralismo “perfetto”, con la creazione di un Senato federale non più chiamato a votare la fiducia al Governo. Del resto, non esiste un modello bicamerale che produca l’identica maggioranza nei due rami del Parlamento, tanto più se basato su un elettorato attivo diverso (18 e 25 anni) tra Camera e Senato. Semplicemente vuol dire che con il bicameralismo “perfetto” non si è in grado di garantire stabilità e governabilità».
La legge vigente è stata utilizzata già tre volte con esiti ogni volta diversi. Quindi se ne può già esprimere una valutazione storica: che cosa ne muterebbe e che cosa ne ritiene vitale?
«Nel 2006 la definii una “porcata”, ma il giudizio era riferito alle modifiche che il Parlamento e le forze politiche vollero introdurre rispetto alla mia proposta originaria. Mi riferivo al premio di maggioranza, che scatta senza una soglia minima da superare; alle liste bloccate, che dovevano essere di tre o quattro posti e che invece sono arrivate a comprenderne fino a quaranta; al premio di maggioranza al Senato che doveva andare alla coalizione vincitrice su base nazionale e che invece è stato attribuito nelle singole Regioni… Una “porcata”, appunto. Rispetto agli sbarramenti previsti, è deleterio che abbiano fatto rientrare il migliore dei perdenti, senza preoccuparsi di introdurre una soglia minima di eleggibilità. Vitale, in questo momento di crisi, è garantire la stabilità e la governabilità, con una legge fortemente bipolare. Il premio di maggioranza al Senato su base nazionale, ad esempio, andrebbe in quella direzione».
I fautori del proporzionalismo più o meno “puro” dicono che il premio di maggioranza garantito dalla legge vigente prevarichi o distorca la volontà dei cittadini. Ma non sono molto peggio i “governi del Presidente” varati negli anni recenti?
«Assolutamente si. Nel periodo di proporzionale puro, i governi duravano pochi mesi e producevano debito pubblico a volontà. Di peggio ci possono essere solo questi ultimi governi delle “larghe intese”, con i cittadini che votano per delle coalizioni e se ne ritrovano altre che governano»
Il 3 dicembre la Corte Costituzionale esaminerà i ricorsi di legittimità della legge che porta il suo nome. Quale esito auspica e quale prevede?
«Credo che il ricorso non sia accoglibile, perché nasce dall’iniziativa di un singolo cittadino. Se si affermasse il principio che tutti possono ricorrere alla Corte Costituzionale, il sistema giudiziario si paralizzerebbe. In più, ci troveremmo senza legge elettorale, ed anche se si dichiarasse illegittimo solo il premio di maggioranza, di fatto verremmo riportati d’autorità alla Prima Repubblica, senza che il Parlamento lo abbia deciso. Mi sembra troppo.
Più probabilmente, la Corte solleciterà il Parlamento a intervenire sui punti di dubbia costituzionalità. Sono otto anni che tutti lo sanno, ma nessuno fa niente».
Intervista di Aldo A. Mola
Aldo A. Mola è direttore del Centro “Giovanni Giolitti” per lo studio dello Stato (programma in www.giovanigiolitti.it; www.comitatesprolibertatibus.com) e membro del Comitato di Presidenza dei Comitati per le Libertà.