Non passa giorno che in questa campagna elettorale, che si presenta come la più ricca di programmi strampalati e populisti, appaia qualche novità.
Ecco ora la proposta di Renzi: sopprimere il canone RAI.
Sarebbe una proposta condivisibile per chi, come Libertates, si augura una Rai privatizzata, o almeno con regole di trasparenza e concorrenza simili per tutte le emittenti (niente canone, niente tetto pubblicitario) con un canale di interesse pubblico senza pubblicità, finanziato direttamente dallo Stato (come, ad esempio, la BBC).
Ma l’aspetto inquietante è la seconda parte della proposta: sostituire il canone con un contributo pubblico che serva a ripianare le perdite della Rai fintanto che essa non sia in grado di correre da sola.
In pratica:
- si getta a mare tutto il lavoro (e i costi sostenuti) fatto l’anno scorso per ridurre l’evasione
- si fa diventare una tassa (cioè qualcosa che viene pagato in cambio di un servizio) un’imposta (che devono pagare anche coloro che non lo usufruiscono)
- si stabilisce un meccanismo perverso per cui la Rai si vede ripianato il proprio deficit annuale “a pie’ di lista”: infatti non si stabilisce a priori quanto verrà versato, ma ci si impegna per una cifra “sufficiente a coprire il deficit”
- non si indica un termine per questa operazione: dire che “durerà fintanto che la Rai sarà in grado di gestirsi da sola” significa, in un Paese come l’Italia in cui non c’è niente di più immutabile che il provvisorio, che non finirà mai
- si afferma che è giusto toglierla perché è percepita come “una delle tasse più odiose” (forse perché non si può più evadere?). Normalmente si toglie una tassa perché è iniqua, improduttiva, distorsiva sull’economia ma mai si è sentito dire che si toglie una tassa perché “odiata”: le altre tasse sono forse amate?
La solita proposta populista e senza costrutto che cozza contro i principi di una buona amministrazione: far pagare un servizio in maniera chiara e trasparente così che tutti possano valutare l’efficienza e la congruità dello stesso e non annegarlo in una fiscalità generale rendendolo in questo modo opaco e incontrollabile
di Angelo Gazzaniga