Carlo Caracciolo, il “Principe” dell’Ambrosiano!

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Spesso le apparenze ingannano: anche chi è sembrato un gentlemen al’inglese è alla fine apparso qual’era: uno dei tanti burattinai di quegli anni oscuri

come C’è una malattia invisibile nel “potere invisibile” del giornalismo italiano: il birignao e/o “culto della personalità” legato al machiavellismo della cultura cattolica.
Secondo la vulgata storiografica dominante, Carlo Caracciolo-indiscutibile deus ex machina per qualità fuori dall’ordinario-della fortuna editoriale de “il gruppo “Espresso-la Repubblica” sarebbe stato l’editore dal liberalismo anglosassone per antonomasia. Addirittura un aristocratico distaccato, britannicamente infastidito dal denaro a cui non dava la minima importanza, e che nella contrapposizione tra il Bene e il Male in gestazione nella Prima Repubblica avrebbe contrastato il berlusconismo con tutti i mezzi a sua disposizione, nell’“Italia a civiltà limitata”. Ebbene, sulla base dei dati probatori disponibili si tratta di una visione ipocritamente moralistica che censura il “concorso esterno” da basso profilo – ma ancor più subdolo – dell’esponente più in vista della cosiddetta finanza laica nel dissanguamento delle casse del Banco Ambrosiano.
Perché Caracciolo (diversamente anti-berlusconiano), approfittando di una posizione gerarchicamente sovraordinata alla delinquenziale finanza clerical-piduista che lo metteva al riparo da interventi giudiziari, si prestò con elegante disinvoltura pilatesca all’azione millantatoria di credito intrapresa dal faccendiere sardo Flavio Carboni presso la vittima designata Roberto Calvi, per ammissione dello stesso imputato, nell’ambito “di un progetto, molto ambizioso, che vedeva il coinvolgimento di Gianni Agnelli nella creazione di un nuovo colosso finanziario che sarebbe stato in grado di assorbire il Banco Ambrosiano” in stato di pre-bancarotta (vedi il processo Tescaroli). Il progetto, che avrebbe ingigantito la concentrazione monopologena dell’Espresso nel mercato della carta stampata – come tra l’altro emerge dalle carte di Tassan Din – e fatto ricchi i proprietari (sia detto “apertis verbis”) approfittando della debolezza del sistema nervoso del disgraziato Calvi spremuto come un limone, saltò all’ultimo momento soltanto per la sopraggiunta pavidità della regnante famiglia Agnelli, che non voleva scontrarsi con la volontà di potenza dello Ior nello scacchiere internazionale (Istituto delle Opere di Religione molto cattoliche e poco luterane…). Emerge dai gironi danteschi del procedimento penale nei confronti di Giuseppe CALO’, Flavio CARBONI, Ernesto Diotallevi e Silvano VITTOR, imputati in ordine ai reati di cui agli artt.110, 575, 576 nr.1 e 577 nr.3 c.p, per l’omicidio premeditato in danno di Roberto Calvi, che “l’imputato Flavio CARBONI ha, poi, narrato di un progetto molto ambizioso, che vedeva il coinvolgimento di Gianni AGNELLI nella creazione di un nuovo colosso finanziario…in grado di assorbire il Banco Ambrosiano. A tale proposito, si sarebbe dovuto tenere anche un incontro propiziato da Carlo Caracciolo con Roberto Calvi” per coinvolgere Agnelli, che tuttavia si ruppe una gamba…Sembra incredibile, ma è tutto vero! Scrive il pm Tescaroli nel ricorso inoltrato alla Corte di Cassazione contro l’assoluzione del Carboni:“Nella sentenza del Tribunale di Milano, del 16.4.1992, viene così riportato il racconto di tale teste (Carlo Caracciolo, ndr):“Il giorno prima o due giorni prima della sparizione di CALVI, il CARBONI, credo in un incontro a casa mia, mi disse senza mezzi termini, richiamando quanto già aveva avuto occasione di dirmi in termini probabilistici in una precedente occasione, che CALVI era in procinto di sparire. Questa volta il CARBONI parlava di una cosa imminente e sicura, almeno dal suo punto di vista, dicendo che CALVI stava per fuggire avendo un buco dell’ordine di circa 2000 miliardi che non poteva assolutamente colmare. Tutto ciò che CARBONI aggiunse fu che CALVI era un uomo finito e rovinato e che era stato tradito anche dal Vaticano. Mi fece peraltro intendere che lui continuava in qualche modo a stargli vicino”. Vicino fino all’impiccagione sotto il Ponte dei Frati Neri, per intenderci…

Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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