CARLO COTTARELLI E GIORGIA MELONI, FRATELLI D’ITALIA

Data:

“… Il leader dei Cinque-stelle Giuseppe Conte si rivolge a Schillaci: “I medici e gli
infermieri sono sul piede di guerra e noi con loro. Ministro, se non ti danno i finanziamenti,
tu sei un tecnico, deve battere i pugni, farti valere e, nel caso, metti sul tavolo le dimissioni”.

“Sulla sanità scoppia la rivolta dei medici “Fondi spostati al 2026, solo 900 milioni subito”
Michele Bocci, “la Repubblica”

Ha scritto Michele Serra, alla voce “Una piazza per l’Europa” che è il replay del manifesto di Ventotene: “… Non serve un politologo o un filosofo, basta un amico al bar per sapere che si guarda al presente con sconcerto, e al futuro con apprensione…”. Ma serve un politologo o un filosofo per capire che senza oligarchia la democrazia non sopravvive. Sul punto si consumò lo iato tra Gustavo Zagrebelsky ed Eugenio Scalfari nell’ottobre del 2016. Ma, d’altro canto, un eccesso di oligarchia può pervertire la democrazia. Esordisce magnificamente Annalisa Cuzzocrea ne “Repubblica. Primo piano” del 19 marzo 2025, nel racconto del ritorno di Draghi al Senato; quello che sta fotografando è Andreotti senza la gobba: “Non c’è enfasi, non c’è emozione, non c’è empatia. Mario Draghi torna al Senato dopo quasi tre anni dalla sua caduta, i cronisti lo aspettano assiepati dietro a un cordone tenuto dai commessi. L’ex premier sorride, entra in aula Koch – dove lo aspettano tre commissioni congiunte di Camera e Senato – confessa un po’ di emozione. Ma è come se le due dimensioni – quella dell’ex governatore centrale e quella della politica – fossero destinate a non incontrarsi mai. Dice cose forti e importanti Draghi, che vanno ben al di là del rapporto per la competitività preparato ormai sei mesi fa per von der Leyen. Ma a raccoglierle c’è un’aria gelida, una diffidenza che ben conosce e va al di là delle poche dichiarazioni che confessano nostalgia, tanto che l’audizione si chiude di colpo: “Sentite, vedo che voi guardate l’orologio, quindi vi ringrazio…”. Una battuta da Divo Giulio. La sua ambizione non conosce limiti, da quando – il 3 marzo 2008 – concedeva l’autorizzazione all’allora amministratore delegato del Monte Paschi di Siena Giuseppe Mussari di scalare Antonveneta in violazione delle “due diligence”; per molto meno – sia detto di passata – Antonio Fazio cadde nella polvere. Poco importava la rovina di David Rossi, e la devastazione d’una intera famiglia. Non c’era empatia, non c’era enfasi, non c’era emozione. C’era solo ambizione. Whatever it takes. Costi quel che costi.

Tra le geometrie dello Zeitgeist, i padroni della notte non stanno a guardare. Quelle che Joseph Stiglitz chiama le forze oscure s’insinuano nei sistemi democratici un poco alla volta, per arrivare a fare scacco matto a democrazia e diritto in sintonia, o con la copertura dello Spirito dei Tempi. Pochi se ne stanno rendendo conto, comprendendo che la posta in giuoco è tra democrazia e dittatura, fascismo e libertà. “Dall’interno è tutto normale”: la frase di un gambler come Maurizio Raggio ha valore estetico. Fanno riflettere le considerazioni di un fuoriclasse del giornalismo o di un guardiano dell’Establishment senza Esprit de Lois come Corrado Augias su “la Repubblica” del 20 marzo 2025. Fanno riflettere, perché lo scivolamento in atto dalla democrazia alla dittatura è quasi impercettibile, è quasi normale. Ecco uno dei passaggi più significativi dell’analisi di Augias che purtroppo è l’anticipazione di quello che verrà: “il Diavolo si annida nei dettagli” (forse lo ha detto Victor Hugo): “… Il filosofo Tvzetan Todorov che ha insegnato a lungo alla parigina E’cole des études en sciences sociales ha scritto: “Uno degli insegnamenti del recente passato è che non esiste rottura tra estremi e centro bensì una serie di impercettibili transizioni. Se nel 1933 Hitler avesse rivelato ai tedeschi che dieci anni dopo avrebbe sterminato tutti gli ebrei d’Europa, non avrebbe mai vinto le elezioni – come invece accadde”. E qui viene la conclusione valida ancora oggi: “Ogni concessione è di per sé insignificante, prese insieme portano all’orrore”. Perché nessuno – o troppo pochi – reagiscono davanti alle più sfacciate diseguaglianze sociali…?”. Nella
conclusione della sua magistrale requisitoria, Augias osserva (e non è molto distante da Oswald Spengler): “… L’Italia dorme, dorme per la verità l’intero Occidente, i risultati si vedono e non sono soltanto politici, incidono sul costume, il tempo libero, la manipolazione delle notizie e dei consumi, la cancellazione della storia…”. Non c’è dimensione poetica nella decadenza di una civiltà, e Putin ne approfitta per abbattere su di noi la violenza della guerra. Il risveglio sarà terribile.

Per attualizzare le parole di Augias, trasferisco il suo ragionamento all’economia. Perché la politica è imperniata sull’economia, che non è “una scienza grigia e triste” per parafrasare Joseph Schumpeter ma è la carne viva della filosofia, che ha un valore estetico superiore alla psicologia.
Dall’articolo di Michele Bocci “Sulla sanità scoppia la rivolta dei medici “Fondi spostati al 2026, solo 900 milioni subito” apprendo:

“L’unico settore che non si taglia, sul quale il governo punta perché lo ritiene “una priorità”, guidato da un ministro che “dovrebbe essere quello che si lamenta meno tra i suoi colleghi”, esce con le ossa rotte dalla giornata di ieri (16 ottobre 2024, ndr). Il mondo della sanità si era quasi convinto che quest’anno le risorse aggiuntive avrebbero dato un po’ di benzina per affrontare i gravi problemi di cui soffre il sistema pubblico. Certo, l’obiettivo di avere finanziamenti paragonabili a quelli di altri grandi Paesi europei sarebbe rimasto molto distante, ma comunque si parlava di incrementi importanti del fondo sanitario nazionale. Ancora martedì sera, dopo il consiglio dei ministri, veniva prospettata una bella iniezione di risorse per il 2025, cioè più di 4,7 miliardi, grazie a 3,7 messi quest’anno e a 1 stanziato dalla Finanziaria scorsa. Dai 134 miliardi del 2024, il fondo sarebbe salito a 138,7. La storia però è andata diversamente, in peggio… nel corso della conferenza stampa del ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti si è capito che i finanziamenti per pagare l’assistenza pubblica agli italiani sarebbero stati spalmati su due anni, il primo dei quali avrebbe visto ben poche risorse. “In consiglio dei ministri la delusione era abbastanza diffusa tra i colleghi – ha comunque ironizzato Giorgetti – Credo che il ministro meno deluso dovrebbe essere Schillaci.” Più tardi è giunta la nota del Mef (Fondo-Salvs Stati, o “pilota automatico” di Milton Friedman”, ndr): “Alla sanità il prossimo anno andranno, rispetto al 2024, vanno 2,366 miliardi di euro in più”, e cioè poco più di un miliardo in aggiunta a quello stanziato un anno fa. Un aumento contenuto, cifre più basse di quelle richieste a suo tempo dal ministro Orazio Schillaci…”. Schillaci è ostaggio dell’“austerity senz’anima”, ed è su questo sfondo che si è consumata nel dicembre 2023 la mancata ratifica del Meccanismo europeo di Solidarietà ancorchè perfettibile, un dispositivo tecnocratico che nega ideologicamente la spesa in disavanzo. Anche Giorgia Meloni, d’altro canto, non capisce che con una manovra di questo taglio si determina il collasso del Ssn mantenendone inalterata la filosofia di fondo: risparmiare, anziché spendere.
“Non ci sono soldi per welfare e sanità perché sono stati bruciati in misure che servivano solo a creare consenso”, ha detto recentemente nelle comunicazioni al Senato con il tic dello storytelling avvelenato dall’ideologia, o dell’ideologia avvelenata dalla narrazione.
Sempre da Michele Bocci: “… “La sanità rimane da tre anni una delle nostre priorità. Abbiamo ogni anno lavorato per aumentare il fondo sanitario”, ha detto da Bruxelles Giorgia Meloni. E’ vero, ma anche l’incremento di quest’anno (2024, ndr) non ha modificato il rapporto tra la spesa sanitaria e il Pil, che resta del 6,3-6,4%. E’ un dato troppo basso non solo secondo l’opposizione e il mondo dei professionisti ma anche per tutte le Regioni, sia di destra che di sinistra, che di recente hanno scritto una lettera al governo per chiedere di portarlo al livello di altri Paesi. Germania e Francia, ad esempio, sono intorno al 10%…”. Infine, dall’ottimo reportage di Valentina Conte del 20 dicembre 2024 che potrebbe essere reinventato “Lo psico-reato di Keynes” apprendo: “Il tesoretto della discordia. Spuntano 100 milioni di coperture in più sul prossimo anno e altrettanti sul 2026. Un finale davvero a sorpresa per la terza manovra del governo Meloni. Manovra di fatto chiusa… Nulla cambierà, i giochi sono fatti. A lasciare tutti esterrefatti è però quel tesoretto, la “sovra-copertura”. Un’eccedenza talmente inedita che nessuno ricorda precedenti negli ultimi quarant’anni. Di solito anzi si presenta l’esigenza opposta: trovare coperture in corsa per norme non finanziate o finanziate in parte e per questo a rischio stralcio. Quest’anno invece fuori l’avanzo. E coglie tutti di sorpresa…”
Viene fuori l’avanzo della SPESA IN DISAVANZO. Ma per Giorgia pronunciare questa parola è un’eresia, non sia mai…
Ma c’è di più e di peggio. Sappiamo per certo che quando ci sarà turbolenza sui mercati senza capitali, la presidente del Consiglio senza economia rassegnerà le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato Sergio Mattarella. E probabilmente, Carlo Cottarelli sarà incaricato essendosi auto-accreditato come il successore della Sorella d’Italia già da alcuni anni, con l’apparizione a “La Torre di Babele”; e qui c’è il Diavolo. Il 17 ottobre 2024 esce la requisitoria del professor Cottarelli su “la Repubblica”, “Un progetto senza crescita” il giorno dopo che i sindacati ospedalieri contestano l’insufficienza dei fondi stanziati: “Pronti alla protesta”; il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: “Siamo pronti alla rivolta sociale”. Il tecnico chiarisce bene qual è il suo punto di vista, nel grigiore dell’ordo-liberale né con Keynes né contro Keynes: “Sulla legge di bilancio cercherò di chiarire alcuni punti rispondendo a quattro domande. Primo, è una legge di bilancio pro-crescita? Il deficit pubblico si riduce tra il 2024 e il 2025 di circa 10 miliardi. Dato che il deficit è quello che, di netto (spesa pubblica meno entrate), lo Stato dà all’economia, l’effetto immediato è di togliere qualcosa all’economia, il che frena la domanda e la produzione. Il governo naturalmente dirà che la manovra è espansiva perché, in assenza della manovra, il deficit sarebbe sceso ancora di più (circa 19 miliardi) per il venir meno delle misure temporanee esistenti quest’anno. Ma resta il fatto che rispetto a quest’anno la legge di bilancio comporta una restrizione. Detto questo, non credo ci fossero alternative.” There is no alternative è Margaret Thatcher, a scanso di equivoci. “Il nostro deficit doveva calare. Il suo livello (al 3,3% del Pil) è ancora ben più alto di quello pre-Covid (1,6%). Il graduale consolidamento delle nostre finanze pubbliche, peraltro richiesto non solo dalle esigenze di mercato ma anche dalle regole europee sui conti pubblici, verrebbe premiato da una discesa dello spread e dai tassi di interesse e, in generale, da una maggiore percezione di stabilità finanziaria che dovrebbe compensare almeno in parte la restrizione di bilancio. Una postilla: la crescita, quella vera, di lungo periodo la fanno le riforme. E questo richiede la piena implementazione del Pnrr e l’attuazione delle nuove riforme appena delineate nel Piano strutturale di bilancio di medio termine approvato un paio di settimane fa …”
Qualcuno ha detto: nel lungo periodo saremo tutti morti. C’è Margaret Thatcher nell’orizzonte dell’aspirante curatore fallimentare che, in pieno “delirio scacchistico”, si prepara a sostituire Giorgia Meloni sperando in cuor suo che la tempesta perfetta si abbatta sui mercati: il potere è il più grande afrodisiaco…
A Cottarelli, si può replicare con le parole di Luciano Gallino da “la Repubblica” del 15 giugno 2014 in una polemica con Franco Debenedetti: “Tra il ’600 e il ’700, in Inghilterra, i creditori venivano cacciati in prigione per anni. Ci volle uno scrittore, Daniel Defoe, per far capire al governo quanto l’idea fosse, oltre che crudele, economicamente insensata. Per l’Italia, l’inserimento del pareggio del bilancio in Costituzione e il Fiscal Compact, sono l’equivalente odierno della prigione per il debitore. In apparenza vanno incontro alle preoccupazioni dei creditori, ma nella sostanza rendono impossibile il rimborso del debito, mentre per mezzo di avanzi primari sempre più esorbitanti fanno camminare l’intero Paese verso la miseria. Tra le vie per uscire dalla prigione ne circolano molte.
E non credo si preferisca continuare a pensare che la prigione sia meglio che discutere dei mezzi con questo potrebbe continuare a servire il suo debito”.

Ecco, per tornare alle parole di Tzvetan Todorov: “Uno degli insegnamenti del recente passato è che non esiste rottura tra estremi e centro bensì una serie di impercettibili transizioni.”
Vorrei completare questo insegnamento, dicendo: il Diavolo fa sesso con il “punto d’equilibrio”. Così si sta regalando l’Italia a Matteo Salvini. Che vuol dire uscire dalla Nato.
E non si faranno prigionieri.

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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