La diaspora politica dei cattolici, seguita vent’anni fa al collasso della Dc, li ha resi presenti ovunque e inefficaci dappertutto.
Forse, allora, alla fine degli anni Ottanta, non si poteva fare altro: dare testimonianza dei propri ideali in qualsiasi raggruppamento ci si fosse accampati. Solo che questa strategia, avallata anche da figure di primo piano della gerarchia ecclesiastica, si è rivelata progressivamente e ineluttabilmente perdente su tutti i piani. Calpestate le più elementari esigenze della famiglia, lasciate morire di inedia le scuole libere, ingoiata tutta una serie di nefandezze a cominciare dalla più indecente e illiberale delle leggi elettorali, spallucce su scandali a ripetizione, difesa ostinata di vergognosi privilegi… e mai un rappresentante politico di area cattolica che abbia avuto un sussulto di dignità dando le proprie dimissioni. Pronti a genuflessioni davanti al padrone di turno, il bavaglio spalmato di miele ha reso taciturni anche i più loquaci.
Colpevolmente silenti o comunque inutili su tutto, non mancano, però, figure di spicco del mondo cattolico che si sono messe ad esercitare le loro ugole nel coro dei cantori contro Grillo. Ma si rendono conto costoro che Grillo lo hanno creato e lo ingrossano giorno dopo giorno proprio le ingiustizie, i soprusi, gli sprechi, i privilegi, i furti, la catena di leggi ad personam, nomine di incompetenti a posti istituzionali nevralgici, misure sbagliate e prese da un Parlamento nominato da quattro Caligola? Non c’è una politica e un’antipolitica; c’è solo una politica cattiva e una politica buona. E se quella di Grillo è antipolitica, essa è solo la conseguenza immediata e diretta di quella antipolitica, cioè di quella cattiva politica, di cui sono stati e sono pervicacemente capaci i partiti che oggi siedono in Parlamento. Non è vero che c’è fuga dalla politica; c’è piuttosto fuga dalla politica di questi partiti. Il ministro Andrea Riccardi in una recente intervista ha ribadito che «i partiti sono decisivi per la democrazia». Giusto. Ma qui la domanda è inevitabile: gli attuali partiti sono decisivi per la vita o per la morte della nostra democrazia? E il governo tecnico di Monti non è forse un epitaffio sulla politica di partiti miopi, incapaci di soluzione per i problemi più urgenti – e affollati da «clarinetti» che coprono miserabili interessi con sproloqui sul «bene comune»? Ebbene, in questo deserto il fatto più sconcertante è la sostanziale assenza del mondo cattolico sulla scena politica. E tutto ciò, nonostante i ripetuti inviti del Papa e del cardinale Bagnasco a che i cattolici, soprattutto i giovani, impegnino le loro energie in vista di una politica rinnovata. Tuttavia, si seguita ad insistere sull’idea che non ci debba essere un partito di cattolici.
È chiaro che è illusorio pensare a un partito capace di aggregare tutti i cattolici, se non altro perché non c’è più quel «nemico» che riuscì a tenere insieme la maggior parte di loro negli anni dal dopoguerra in avanti. In ogni caso, se non è pensabile un partito di tutti i cattolici, appare sempre più necessario un partito di cattolici liberali, un partito sturziano di cattolici liberali e solidali sotto il segno della Dottrina sociale della Chiesa. Per tutto ciò, tra tanti cattolici – e lo dico con cognizione di causa – ha destato una non gradita sorpresa l’idea di Riccardi per il quale «non serve il partito dei cattolici». Egli ha parlato di «condensazioni» e di «credenti che saranno una rete radicata tra la gente». Riccardi, proprio lui che – con la sua esperienza, le sue capacità organizzative e con quanto è riuscito a realizzare con la Comunità di Sant’Egidio – a Todi e dopo Todi molti, e a ragione, vedevano e vedono ancora come uno degli assi portanti del nuovo partito! È davvero sorprendente che un dotto storico dei fatti del passato ponga dei divieti alla storia del futuro. Ci si richiama continuamente a Sturzo, ma Sturzo un partito lo fece. E De Gasperi, con un partito di ispirazione cristiana, ha salvato l’Italia.
E ora ci si invita a «condensarci», vale a dire a seguitare a fare gli «ascari». È proprio soltanto questo ciò che il mondo cattolico è in grado di offrire oggi all’Italia? Certo, in politica si può perdere, ma è meglio perdere con truppe fedeli che vincere in funzione di mercenari magari beneficati e comunque sempre irrisi. La realtà è che c’è un mondo cattolico vastissimo e sano, fatto di persone oneste e generose che, politicamente non rappresentato, si rinserra, per usare un’espressione di Galli della Loggia, nell’ergastolo politico di «masi chiusi». In due parole: la truppa è pronta; disertori appaiono essere i generali.
Dario Antiseri