Quando in Italia tutti (o quasi tutti) pensavano prima all’Italia che a se stessi
A metà del secolo scorso il professor Vittorio Valletta che, come presidente, aveva pilotato con successo la Fiat prima, durante e dopo la guerra, scrisse a un Cavaliere del Lavoro : « …..ma è anche la sua azione personale, ovunque, nell’interesse della patria, che ha contribuito a darle i titoli d’onore che oggi Ella puo vantare…. ».
Allora si riteneva che chi aveva operato con successo in attività varie aveva operato anche nell’interesse della patria, del suo paese. Patria che, passato il fanatismo nazionalista del fascismo, era un minimo comune denominatore in cui si riconosceva la maggior parte degli Italiani, al disopra di scontri politici, sociali e ideologici, perchè vi erano valori e ideali comuni.
Allora a guidare il paese vi erano uomini che, comunque si giudichi la loro opera politica, per i propri ideali, per le proprie convinzioni, avevano rischiato o subito il confino, il carcere e rischiato anche la morte nella battaglia per la libertà che aveva fatto vittime tra i loro compagni di lotta.
Allora, quel grande personaggio che è stato Giuseppe Di Vittorio, sindacalista comunista, nei suoi discorsi in difesa dei lavoratori. menzionava l’interesse del paese.
Allora, capi e funzionari di enti pubblici dimostravano in vari modi l’orgoglio di avere responsabilità al servizio di tutti gli Italiani.
E si potrebbero fare tanti altri esempi.
Ora, non vi sono piu’ ideali, valori comuni, anche perchè politici e candidati alla politica troppo spesso pensano a sistemarsi con il buon stipendio che hanno gli eletti o semmai con un posto di sottogoverno gestito dai partiti.
Il servire il paese non è nel loro Dna, non ne parlano, non lo sentono.
Non vi è piu’ un’etica politica collettiva e, nella indifferenza générale, si assiste a comportamenti e a violazioni di leggi e regolamenti che, in un passato non lontano, sarebbero stati giudicati inaccettabili e punibili.
La società italiana si è slabbrata, frazionata in fazioni, in interessi piccoli e grandi, economici, politici e sociali.
Si opera, si parla e si strilla per la propria parte politica, per i propri interessi economici, per la propria associazione qualunque essa sia. Si è arrivati addirittura al punto da portare sulla scena estera rivalità e bisticci di casa nostra.
Prevale il settarismo e nessuno parla piu’ di Italia, di Italiani, parole sparite dal linguaggio politico.
Vada pure in soffitta la parola patria se non piace ad alcuni,ma l’Italianità, seppur sopita o trascurata, è certamente sempre presente in ogni cittadino della repubblica italiana e bisogna risvegliarla, perchè solo se ci si sente parte di una comunità, le diversità possono essere costruttive e non distruttive, per far prevalere il comune interesse a che le cose vadano meglio.
E per risvegliarla, per richiamare tutti a comportamenti corretti al servizio del paese,bisogna che se ne parli, che ne parlino, politici, intellettuali, giornalisti, ma il primo a doverlo, dicasi doverlo, fare è il Capo dello Stato con un messaggio al parlamento previsto dalla Costituzione.
Coraggio presidente, prenda ispirazione da alcuni che l’hanno preceduta, lei è rispettato e applaudito quando è in pubblico, gli Italiani capiranno e la seguiranno.
di Ettore Falconieri