Chi è più pericoloso: il partito grillino o la massoneria?

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Poche ma chiare parole come antidoto alla fobia clerico-partitica dilagante contro la Massoneria.

L’articolo 18 della Costituzione recita: “i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati dalla legge penale”. L’articolo 49 aggiunge: “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. La libertà di associazione è tra i Diritti e doveri, quella dei partiti compare nei Rapporti politici. Viene dopo. Se è ovvio, dunque, che le associazioni criminali siano vietate, lo è altrettanto che per poter contribuire a determinare la politica nazionale i partiti debbono superare un controllo di “democraticità” a opera di Autorità superiori e indipendenti, non asservite a governi transeunti né formate dai partiti stessi (come è in parte la Corte Costituzionale, politicamente rilevante a tempi alterni). “Metodo democratico” significa infatti che i partiti aspiranti a svolgere il ruolo loro affidato dalla Costituzione devono anzitutto condividerne e rispettarne i principi fondamentali. Il controllo pubblico sui partiti, tuttavia, non è mai stato effettuato in un Paese che aveva forze politiche sovversive colluse con potenze straniere dichiaratamente nemiche dell’Italia, come fu il Partito comunista italiano, succubo dell’URSS. Vari suoi militanti vivevano all’estero e dall’estero tramavano contro la Patria.
Anche oggi sono in campo movimenti politici che calpestano le libertà fondamentali dei cittadini e discriminano i loro iscritti e candidati in ragione dell’esercizio di un diritto civile costituzionalmente riconosciuto. È il caso del Movimento 5 Stelle che ulula contro i suoi militanti iniziati in logge massoniche. E allora? Delle due l’una: o il Movimento 5 stelle prova, documenti alla mano, che quei militanti hanno commesso illeciti in ragione della loro appartenenza alle logge oppure esso non ha titolo per concorrere a determinare la politica nazionale, giacché conculca l’esercizio della libertà d’associazione garantita a tutti i cittadini: quindi anche ai propri iscritti. Tertium non datur, giacché – il dilagante isterismo da campagna elettorale impone di ricordarlo – essere massoni non è reato (e non lo sarà fintantoché certi movimenti politici la cui democraticità è tutta da verificare resteranno lontani dal potere e dall’imporsi come nuova oclocrazia: dittatura della piazza o della “piattaforma Rousseau”: simile a un patibolo, come ognuno ormai vede).
Non è qui il caso di mettere in campo la fatuità delle amministrazioni pentastellate di Torino e di Roma né la storia di questa o quella Comunità liberomuratòria o di suoi esponenti apicali.
Il tema è altro e più alto. Sono in discussione i diritti civili.
Resta che la Costituzione della Repubblica non proibisce affatto la massoneria. Vieta invece i partiti antidemocratici. Tali sono quelli che mettono alla gogna i massoni.
Il nodo da sciogliere oggi è solo ed esclusivamente costituzionale e politico. Non hanno titolo a rappresentare i cittadini movimenti e partiti che vietano ai loro iscritti e o candidati l’appartenenza ad associazioni non vietate dalla legge penale. Diversamente sono quei partiti e movimenti a costituire minaccia per la democrazia.

di Aldo A. Mola

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Aldo Mola
Aldo Alessandro Mola (Cuneo, 1943) dal 1967 ha pubblicato saggi e volumi sulla storia del Partito d'Azione e di Giustizia e Libertà, della massoneria e della monarchia in Italia. Direttore del Centro Giovanni Giolitti (Dronero- Cavour) ha coordinato Il Parlamento italiano, 1861-1994 ( Nuova Cei, 24 voll.). Il suo Giolitti, lo statista della Nuova Italia è nei “Classici della Storia Mondadori”. Tra le opere recenti, Italia, un paese speciale (4 voll.)

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