Ecco l’elenco di chi ha aderito al nostro Contromanifesto, con le adesioni ragionate e motivate di Cionti, Brescia e Bush
Tarcisio Amato
Carlo Angelino
Sergio Belardinelli
Paolo L. Bernardini
Andrea Bucciarelli
Luigi Cantoni
Marco Cavallotti
Franco Chiarenza
Roberto Chiarini
Luca Codignola
Mario Collepardi
Giacomo Coronelli
Girolamo Cotroneo
Luigi Covatta
Raimondo Cubeddu
Luciano Dargenio
Elio D’Auria
Dario Fertilio
Gian Luigi Forti
Tommaso Edoardo Frosini
Angelo Gazzaniga
Marco Gervasoni
Aldo Giannuli
Alberto Giordano
Maurizio Griffo
Pietro Grilli di Cortona.
Maurizio Hanke
Gaetano Immè
Lorenzo Infantino
Sergio La China
Giulia Lami
Guido Lenzi
Alessandro Litta Modignani
Franco Manti
Gianni Marongiu
Michele Marsonet
Francesco Masini
Aldo Alessandro Mola
Corrado Ocone
Piero Ostellino
Ernesto Paolozzi
Giuseppe Parlato
Luciano Pellicani
Antonino Pennisi
Francesco Perfetti
Anna Pintore
Pierfranco Quaglieni
Sandro Rogari
Daniele Rolando
Florindo Rubbettino
Saro Salamone
Elisa Sassoli
Giulio Savelli
Mario A. Toscano
Andrea Ungari
Bianca Valota
Umberto Villa
Ortensio Zecchino
La doppia verità del professor Zagrebelsky
Per “Libertà e giustizia”, con la riforma del Senato, si ribalterebbe la democrazia, come titola il Corriere della Sera del 2 aprile 2014. Il prof. Zagrebelsky – l’esponente forse più autorevole di questo movimento, se non altro perché Presidente emerito della Corte Costituzionale – invitato a spiegare i toni gravissimi del comunicato di “Libertà e giustizia”. ha precisato: “…noi non siamo affatto contrari a che si metta mano al problema. E’ innanzitutto il contesto…”: E poiché il problema cui fa riferimento il prof. Zagrebelsky non può essere altro che quello del bicameralismo perfetto, è chiaro che siamo incorsi tutti in un equivoco. In realtà “Libertà e giustizia” riconosce il problema che, in quanto tale, va risolto, e sul come non si pronuncia, cosicché il discorso potrebbe chiudersi qui.
Il contesto, che semmai andrebbe considerato a parte e partitamente per singoli temi, non c’entra con la specifica riforma in esame. Ma non vorremmo essere troppo superficiali. Vediamo meglio.
Subito dopo, il professor Zagrebelsky chiarisce: “La prospettiva di un monocameralismo si somma alla nuova legge elettorale con liste bloccate, a deputati nominati, al rafforzamento della figura del premier, alla nuova forma che hanno assunto i partiti, macchine nelle mani di un capo. Ecco, il nostro timore è che si arrivi rapidamente a un ribaltamento della democrazia, con tutto il potere che discende dall’alto”.
Monocameralismo? Suvvia professore, Lei sa benissimo che da un lato la riforma Renzi non prevede il monocameralismo, lasciando al Senato funzioni importantissime come, ad esempio, la competenza sulle riforme costituzionali; e che dall’altro lato il bicameralismo perfetto non è rinvenibile in alcun altro stato del mondo occidentale, ma che non per questo tutti gli altri stati possono definirsi a “sistema autoritario che dà al Presidente del Consiglio poteri padronali..” .
Quanto alle liste bloccate ed ai deputati nominati, sarebbe più appropriato parlarne a proposito della legge elettorale, tenendo conto che comunque l’elettore ha sempre la decisiva possibilità di scegliere tra le diverse liste e, magari, premiare quelle formate mediante le primarie.
Quanto al rafforzamento della figura del premier (purtroppo) non risulta che sia in discussione.
Viceversa è vero che i partiti vanno assumendo una nuova forma, riconoscendosi sempre più nel rispettivo leader, peraltro in alcuni casi eletto con le primarie. E, dal suo punto di vista, capisco la preoccupazione del professor Zagrebelsky ( e del suo movimento ) cui viene così impedito di regolare i movimenti ed i partiti avversari.
Quello che veramente mi risulta incomprensibile è la sua difesa a spada tratta della costituzione nel suo testo attuale. Perché, che io sappia, il professor Gustavo Zagrebelsky è lo stesso che già nel 1990 o 91, da PM presso l’allora Pretura di Torino – in considerazione del numero eccessivo dei procedimenti penali pendenti – decise di procedere soltanto per i reati ritenuti più gravi, tralasciando la massa di quelli considerati più lievi. E ciò non di fatto, ma disponendolo ufficialmente e comunicandolo pubblicamente, cioè violando ufficialmente e pubblicamente l’art. 112 della Costituzione per cui “il Pubblico Ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”, cioè il principio cardine unico sul quale poggia l’intera disciplina del PM. O sbaglio?
Ferdinando Cionti
Nell’aderire al ‘Contromanifesto’ lanciato in data odierna da
“Libertates”, motivo brevemente le seguenti ragioni di fatto e di diritto:
Da decenni si discute di riforma costituzionale, con speciale riguardo
alla riforma del “Senato delle autonomie” ( Commissione
D’Alema-Berlusconi; Propostedella Lega sul Senato delle regioni” etc,);
Ancora da decenni illustri costituzinalisti, da Giuseppe Maranini a Nicola
Matteucci, sulle pagine sia del “Corriere” che del “Giornale”, del
“Mulino” e dell’ “Opinione”, hanno non pur una volta denunciato il peso
soffocante del ceto “burocratico-parassitario” che si annida nelle
istituzioni ( fino allo stesso Angelo Panebianco sugli scudi del “Corriere
della sera” ); i comitati stessi hanno criticato il fenomeno del “Barone
di Munchausen” che voleva sollevarsi dal suolo cui era avvinto da lacci e
lacciuoli ( miei coerenti contributi e una ‘opinione’ di Massimo Teodori,
sempre sul “Corriere” di due anni addietro ); il nobil ideale di
“Giustizia e Libertà” ( affermato eroicamente dai fratelli Rosselli,
Carlo ludovico Ragghianti, Aldo Garosci, Leo Valiani, Max ascoli e, in
parte, Giorgio Bassani, per tacer d’altri quali il politico Michele
Cifarelli, detto simpaticamente “Bocca d’oro” dagli amici per la sua rara
eloquenza, e il biscegliese Vincenzo Calace ) è in effetti ben altra cosa
dall’odierma mascheratura sofistica di “Libertà e Giustizia”, con
declinazione evidentemente ‘giustizialista’ e strumentale; la teoria del
cosiddetto “diritto mite”, ripresa da alcune dottrine del compianto
Norberto Bobbio ( coautore con Matteucci del “Dizionario” e critico negli
anni Settanta della teoria gramsciana della “conquista delle casamatte
della società civile”, oltre che maestro di “Politica e cultura”) è
smentita nelle recenti riprese di Gustavo Zagrebelskj ( per i tipi della
Editrice Einaudi di Torino ), in quanto mera enunciazione, cui non tiene
seguito la “religione della libertà”. E sono alcuni esempi probanti di
argomentazione, pur rispettosa delle altrui ideologie e posizioni
personali, ma che mantengono il punto della testimonianza di verità, a
favore di un rinnovato processo riformatore.
Giuseppe Brescia
Ma Rodotà e Zagrebelsky hanno qualche ragione
Il grande paradosso di questa schizofrenica congiuntura socio-politica sospesa tra Weimar o New Deal è che la razionalità cartesiana è rappresentata da Gustavo Zagrebelsky – il principe dei costituzionalisti italiani- versus la surrealpolitik conservatrice di Massimo Cacciari: il problema non è la riforma dimagrante del Senato, già sostenuta in un organico disegno di legge presentato dallo stesso Stefano Rodotà nel 1985 per vulnerare il monstrum della burocrazia autocefala di Roma Ladrona, ma il fatto che essa oggi deve essere contestualizzata nell’eterodirezione oggettivamente fascista della Jp Morgan.
Lo slogan mainstream “bisogna restituire fiducia ai mercati” va respinto al mittente leggendo il memorandum steso dalla banca d’affari il 28 maggio 2013 sulla auspicata de-democratizzazione della nostra Costituzione:“I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea. Quando i politici tedeschi parlano di processi di riforma decennali, hanno in mente sia riforme di tipo economico sia di tipo politico. I sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati dopo la caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo”.
Attenzione, “le parole hanno un senso” come disse Nanni Moretti: 1) sposare all’estero dai mercanti del Tempio le idee di Eugenio Cefis – trent’anni dopo – sulla cosiddetta “democrazia limitata” con vulnus temperati ai “checks and balance” è un velleitarismo tecnicamente rivoluzionario sulla falsa riga del destrorso Junio Valerio Borghese; 2) secondo il pedagogismo commissariale dei banchieri Jp Morgan, bisogna integrare la sovranità politica italiana con “i processi di riforma decennali” voluti dai tedeschi e dunque dalla Banca Centrale Europea rinunciando al carattere anti-fascista della Carta Costituzionale.
Che cosa sono tali processi, ce lo ha spiegato benissimo Thomas Fazi, da “sbilanciamoci.info”:“…anche nel caso in cui un paese registri un bilancio strutturale in pareggio, la Commissione può lanciare una Procedura per deficit eccessivo semplicemente sulla base della previsione che il deficit tornerà a crescere. E’ quello che la Commissione chiama il “braccio preventivo” (che va a complementare il “braccio correttivo”, che viene attivato nel caso di uno sforamento): una sorta di equivalente fiscale della nozione di “precrimine” immaginata da Philip Dick nel suo Rapporto di minoranza”. L’entità finanziariamente irrealistica – per usare un eufemismo – dei tagli che i “Piigs” si troverebbero a subire si tradurrebbe in vent’anni di povertà (sic!), con imprevedibili conseguenze sociali e sfaldamenti populistici a “effetto valanga” tra forconi e secessioni (con il risultato monstre, tra l’altro, che lo shadow banking sequestrerebbe dall’interno il libero mercato che è la “conditio sine qua non” delle democrazie rappresentative).
Nella loro lungimiranza realpolitika, Zagrebelsky e Rodotà fanno notare soltanto che-all’interno di una siffatta contingenza bloccata da rapporti di forza sbilanciati a favore del “too big to fail”- abrogando il Senato, Matteo Renzi si trasformerebbe in “utilizzatore finale” della Jp Morgan – sotto investigazione del Senato Usa per speculazioni fraudolente sui derivati; i citati professori di diritto costituzionale contemplano l’osservazione degli scenari esistenti più che l’astrazione dei principi inderogabili, subordinando zagrebelskianamente la Politica ai nuovi rapporti di forza mutati dopo il 1985.
Tradotto:a conservare irrealisticamente lo status quo è Massimo Cacciari quando afferma da Daria Bignardi – con il consueto piglio che non ammette repliche – che il cofondatore di Libertà e Giustizia “è un conservatore”!
Alex Bush