Perché con le banche bisogna avere un diverso comportamento rispetto a tutte le altre imprese?
In questi giorni abbiamo assistito al “salvataggio” di quattro piccole banche dell’area marchigiana: salvataggio quanto mai tribolato e costoso (3,7 miliardi di euro non sono certo bruscolini!).
Quali sono stati gli effetti di questo salvataggio?
- i depositanti hanno visto salvati tutti i loro depositi
- gli azionisti hanno perso tutto
- un certo tipo di obbligazioni (quelle garantite dal capitale della banca stessa) hanno visto azzerarsi il proprio valore
Ma, chiediamo, perché non si è seguita la via più naturale e fisiologica: quando un’impresa non è più in grado di continuare la propria attività chiude: un’impresa è come una persona (non per nulla si chiamano “persone giuridiche”) che nasce, prospera e poi alla fine muore.
Sarebbe stato sufficiente farle rinascere immediatamente con nuovo nome e con l’aiuto di un consorzio di banche tutelando in questo modo correntisti, dipendenti e imprenditoria locale.
Un metodo che fu applicato con grande successo ai tempi della famigerata “Prima Repubblica” da Beniamino Andreatta per il crollo del Banco Ambrosiano: allora il Banco (che, non dimentichiamo era una delle maggiori banche italiane e non un piccolo istituto di provincia) fu lasciato fallire e venne immediatamente creata una nuova banca (il Nuovo Banco Ambrosiano) che garantì tutti i depositi e che in breve tempo diventò il fulcro della seconda banca italiana (l’attuale Banca Intesa).
I risultati furono identici: gli azionisti e certi obbligazionisti persero tutto: cosa del resto in linea con il tipo di investimento che viene chiamato “capitale di rischio” perché, a fronte di un maggior reddito, presenta il rischio della perdita del capitale.
Ma, a ben vedere, i risultati non furono proprio identici: in quel caso (fallimento) dirigenti, membri del consiglio d’amministrazione, sindaci e revisori dei conti furono chiamati a rendere conto del proprio operato di fronte alla magistratura e a risarcire il danno creato, mentre in questo caso (salvataggio) tutto continua come prima…
Una differenza non certo marginale: un fallimento rappresenta un elemento di quella trasparenza e chiarezza (da sempre chiesta da Libertates) che danno una fiducia fondamentaleai cittadini: l’uguaglianza di fronte alla legge.
Altrimenti resta il sospetto (del tutto fondato) che alla fine pagheranno i soliti: i piccoli investitori, i piccoli clienti che sono stati convinti a comperare obbligazioni a rischio, gli imprenditori a cui è stato promesso un finanziamento se avessero acquistato azioni eccetera, mentre i veri colpevoli (dirigenti dalle assunzioni e crediti facili, il mondo degli intrecci tra affari e politica locale, il sottobosco delle clientele) restano impuniti a continuare i loro affari.
Angelo Gazzaniga