Chi ha paura del Partito Repubblicano?

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 Il Partito Repubblicano italiano: una speranza o una proposta elettorale?

L’ultima proposta di Silvio Berlusconi, creare un partito “dei moderati” in contrapposizione al Pd e chiamarlo “repubblicano” come quello di Reagan o di Bush (o di Lincoln) è di quelle che fanno sognare (da un lato) e imbestialire (dall’altro).
Sogna chi, come noi di Libertates, sostiene da sempre il bipartitismo in Italia, proprio come in America, fondato su un sistema elettorale uninominale maggioritario. Si ribella chi, alla guida o nel “gruppo dirigente” di un piccolo partito di centro-destra, si sente attirato e inglobato come un satellite da un pianeta maggiore troppo grosso. Poi si disperano anche coloro che, in contrapposizione al confuso ma efficace “democraticismo” di Renzi, credono in un’alternativa nient’affatto “moderata”, anzi radicalmente liberal-democratica all’attuale governo.
Come uscire dal dilemma del tutto o niente ancora non è chiaro; ma certo non sono le mini aggregazioni dei vari Alfano, Fitto, Tosi, Meloni, il prologo al futuro partito repubblicano d’Italia. Tanto meno può esserlo Forza Italia, entrata in una spirale autolesionistica le cui premesse vengono da lontano.
Quel che serve è, da un lato, una grande convenzione aperta a tutti, sul modello del rassemblement che oggi in Francia si chiama Ump. E’ l’Unione per un Movimento Popolare, nata nel 2002, e che presenta lo spettro politico su cui la coalizione italiana dovrebbe basarsi: liberali, conservatori, centristi, radicali e movimenti post democristiani. E ancora, associazioni e movimenti grandi e piccoli, ognuno con la sua identità e capacità, per quanto limitata, d’attrazione e proposta. Il rassemblement italiano potrebbe aggregare, come in Francia, anche una galassia di “partitini associati” (localisti, di categoria, monotematici) numericamente esigui ma preziosi al momento del ballottaggio.
La seconda esigenza fondamentale è la capacità di mettere in campo, contaminare e spiegare agli italiani un programma radicalmente liberal democratico, oltre che ancorato ai grandi valori della tradizione, aperto al riformismo, vicino alle esigenze libertarie contro l’invadenza dello Stato burocratico. La terza è quella della partecipazione dal basso, ovvero la democrazia diretta: il nome del partito dovrebbe essere scelto per referendum da tutti gli iscritti e il leader, come il gruppo dirigente, dovrebbe uscire dalle elezioni primarie.
Su tutto questo noi di Libertates non faremo mancare il nostro appoggio..
Ma bisogna fare in fretta. Il meccanismo elettorale dell’Italicum lo impone. E poi la prospettiva che, in mancanza della lista unica di centro-destra, al ballottaggio per il premio elettorale ci vadano in futuro il Pd e i grillini, è tale da indurre a riparare in Svizzera il cittadino con un minimo di senso liberale dello Stato.

Dario Fertilio

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