In Italia si può aumentare o inventare qualsiasi tassa, ma guai a toccare i poveri magistrati che guadagnano più di 90mila euro l’anno (per una migliore comprensione del problema vedi il volume Terzo strapotere di Fabio Florindi edito dai Comitati per le Libertà e acquistabile su Libertates).
Un’incredibile, quanto discutibile, sentenza della Corte Costituzionale, infatti, ha dichiarato illegittimi i tagli agli stipendi dei dirigenti pubblici superiori ai 90mila euro, decisi nel 2010 dall’allora governo Berlusconi. Il provvedimento, nello specifico, prevedeva un taglio del 5% per la parte compresa fra i 90mila e i 150mila euro e del 10% oltre i 150 mila euro. Peccato che tra gli emolumenti sforbiciati ci fossero proprio quelli dei giudici della Consulta che, pur nella loro integerrima imparzialità, forse non erano i più adatti a decidere sulla materia. E infatti, come volevasi dimostrare, la scelta di tagliare gli stipendi d’oro è stata cassata senz’appello. Una misura, peraltro, adottata in diversi paesi europei, che invece secondo i nostri giudici comporta un “irragionevole effetto discriminatorio”. Stessa sorte è toccata al blocco degli incrementi automatici per gli stipendi dei magistrati, per i quali si configurerebbe addirittura una lesione dell’autonomia e indipendenza.
Insomma, in Italia si possono mettere tasse sulla casa o aumentare l’Iva e l’Irpef, si possono lasciare accise sulla benzina relative a calamità naturali di un secolo fa, si può fare di tutto ma non si possono toccare i privilegi dei giudici. Perché questo è il messaggio che è uscito dalla Corte Costituzionale. Tra l’altro il taglio degli emolumenti sopra i 90mila euro aveva fruttato un buon tesoretto per le casse dello Stato. Soldi che a Roma, c’è da giurarci, comunque recupereranno, magari con l’ennesima gabella che andrà a colpire i ceti più esposti alla crisi.
Non stiamo disquisendo se quella norma fosse giusta o sbagliata, non è questo il punto. Semplicemente ci sembra assurdo che ci siano dei signori che possano decidere il destino di leggi che tagliano i loro stipendi, perché il risultato è scontato. E i principi più elementari della giustizia, oltre che i conti dello Stato, vanno a farsi benedire.
Flavio Stilicone
Chi tocca i giudici è “irragionevole”
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