Stiamo assistendo ad una campagna elettorale quanto mai deludente: del resto c’era da aspettarselo con una legge elettorale che privilegia i leader dei partiti e delle coalizioni anziché i singoli candidati. I quali vengono a loro volta scelti per la loro fedeltà al capo, la disponibilità di bacini di voti, il nome conosciuto dagli elettori, non certo per le loro idee o le loro proposte (che del resto non saprebbero dove esporre).
Ma anche con queste limitazioni la campagna dei leader (a parte cagnolini, pompe di benzina o battutacce che releghiamo al folklore elettorale) brilla per mancanza di soluzioni non solo per i grandi problemi della nazione: i bassi investimenti nella ricerca e nell’innovazione, i servizi carenti, la magistratura al collasso, il credit crunch che strangola le aziende, il lavoro che non c’è ecc. ecc. ma anche per quei problemi concreti che sono sul tappeto e si presenteranno appena dopo le elezioni.
Facciamo un solo esempio: la crisi dell’Ilva a Taranto. Si tratta di un problema di dimensioni notevoli che riguarda tutta l’industria italiana: che fare?
- chiudere eliminando l’inquinamento alla radice, ma decretando la morte di una città e consegnando l’industria pesante italiana in mano straniere?
- Imporre ai Riva un disinquinamento forzato: ma come imporre una spesa che dai 4/5 miliardi previsti può facilmente (e probabilmente) raddoppiare a 8/9 miliardi a chi probabilmente non ha tutti questi soldi e non vuole spenderli?
- Vendere il tutto a qualche gruppo estero: ma questo significa praticamente regalare il tutto e sperare che questo gruppo attui gli investimenti promessi. Ma le poche esperienze fatte in questo campo in Italia sono state disastrose
- Nazionalizzare il tutto tornando all’acciaio di Stato, che fu dismesso anni fa proprio perché fonte di perdite continue?
Sono queste (ovviamente questo è solo un esempio) scelte che sono ineludibili e che riguardano tutta la politica industriale del nostro Paese: scelte che andrebbero chiarite, spiegate e illustrate perché da queste scelte concrete si capirebbe molto meglio quale strada si vuole intraprendere. È facile infatti parlare di massimi sistemi, di principi, di linee-guida, ma è molto più difficile (e pericoloso per i candidati) parlare di casi concreti: perché in questo caso non ci sarebbe scappatoie: l’eletto dovrà mantenere quanto promesso ed essere valutato per come lo ha realizzato.
Esattamente quello che il cittadino dovrebbe sapere per scegliere il proprio candidato, eleggerlo e valutarlo alla fine del mandato.
Solo questa è vera democrazia diretta.
Angelo Gazzaniga