Cipro, round 2: spennare i ricchi (specie se russi) è legittimo?

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stefano
Alla fine è stato raggiunto un accordo di compromesso fra l’Eurogruppo e il governo di Cipro. Il gruppo che riunisce i ministri delle Finanze dell’eurozona ha accettato l’idea di non prelevare forzosamente un decimo dei conti in banca di tutti i ciprioti. Il governo ha accettato di mettere in liquidazione la principale banca in crisi, la Laiki Bank e di ristrutturare la Bank of Cyprus. L’Ue, in forza di questo accordo, ha sbloccato i 10 miliardi di euro necessari a salvare Cipro dall’imminente bancarotta.
I costi della ristrutturazione finanziaria sono ancora molto alti. In base al nuovo compromesso, infatti, la Laiki Bank andrà in liquidazione controllata. Sarà divisa in una “good bank”, assorbita dalla Bank of Cyprus e in una “bad bank”. I conti inferiori a 100mila euro sono garantiti dall’Ue e andranno a confluire nella “good bank”. I conti superiori a quella cifra andranno alla “bad bank” e subiranno un prelievo forzoso che, stando a informazioni ancora ufficiose, sarà pari al 30%. A subire il costo dell’operazione, dunque, saranno soprattutto i grandi correntisti e gli azionisti privilegiati della Laiki Bank. E a pagare un conto salato saranno anche i grandi correntisti della Bank of Cyprus, visto che subiranno anch’essi il mega-prelievo del 30%, sempre stando a informazioni ufficiose del governo.
Questo accordo presenta ombre e luci. Di sicuro è più giustificabile rispetto al precedente, che avrebbe costretto un’intera popolazione a pagare per gli errori di alcune banche. Certamente è più attento a distinguere fra individui responsabili e innocenti. Mentre il piano precedente avrebbe collettivizzato perdite individuali, questo compromesso costringe a pagare soprattutto coloro che si sono assunti delle responsabilità di impresa in prima persona, dunque gli azionisti delle banche. Ma anche quei grandi correntisti che, depositando nella Laiki Bank e nella Bank of Cyprus somme superiori ai 100mila euro (attratti da tassi di interesse estremamente vantaggiosi), si sono comunque accollati un rischio. Non auguro a nessuno di aver ricevuto sul conto l’accredito di un mutuo superiore ai 100mila euro. Ma al di là di queste eccezioni sfortunate, che si spera vengano riconosciute e tutelate dai liquidatori, circa il 40% dei depositi bancari ciprioti era costituito dai soldi di grandi correntisti russi. Essi hanno consapevolmente giocato d’azzardo e nel gioco finanziario, specie di questi tempi, il rischio di perdere è alto. Il rischio è parte della responsabilità individuale.
Fin qui le luci. Adesso però passiamo a esaminare le ombre. Cipro ha puntato molto su condizioni bancarie favorevoli per attrarre capitali dall’estero. In attesa di far fruttare i suoi giacimenti di gas (che sono nel mezzo di una contesa, potenzialmente esplosiva, che coinvolge anche Grecia, Turchia, Israele, Siria e Russia), contava soprattutto sulla finanza. Questo accordo di compromesso ammazza il desiderio di investire a Cipro. Benché i conti siano attualmente congelati, la fuga di capitali dall’isola è inevitabile. E chi fugge, tornando in Russia o andando altrove, è difficile che torni. L’Ue ha dunque salvato Cipro dall’imminente bancarotta, ma può avere ammazzato il suo futuro. Il danno peggiore, però, è di immagine e di principio al tempo stesso. Si è ritenuto legittimo spennare i ricchi (specie se stranieri) per salvare uno Stato in crisi. E questa decisione è stata presa da un governo nazionale dietro suggerimento dell’Unione Europea. Benché migliore rispetto al piano precedente, questo compromesso dà comunque un senso di incertezza delle regole e arbitrio dei governi, l’opposto di quel che ci si aspetterebbe da una società aperta. Non è un caso che il presidente di turno dell’Eurogruppo, Jeren Dijsselbloem, si sia affrettato a ridimensionare il salvataggio di Cipro come “un caso unico”, subito dopo averlo definito un “modello” per eventuali emergenze future. Ma intanto tutte le borse erano già crollate, perché è un precedente grave. Fa capire che l’Ue non permette in alcun modo la bancarotta di un suo membro, nemmeno Cipro, che rappresenta una delle economie più piccole dell’Ue: appena lo 0,2% del Pil dell’eurozona. Ora, se passa il concetto che l’Ue, per impedire il default di un suo Paese membro, può usare i conti dei ricchi (specie se stranieri) come se fossero una gigantesca riserva disponibile… chi mai vorrà investire di nuovo in questo Vecchio Continente?

Stefano Magni

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