Anche sul ddl Cirinnà Forza Italia si conferma quello che è: un non partito di notabili.
Le posizioni dei partiti sul ddl Cirinnà sono arcinote da mesi ma val la pena riassumerle. Il Pd è favorevole, con l’eccezione della minoranza interna costituita dai cattolici dem, che si sono schierati a viso aperto, chiedendo modifiche sostanziali, soprattutto in tema di adozioni. Sel è convintamente per il sì, come i Cinque stelle; nel movimento, in cui vige una parodia postmoderna del centralismo democratico, non sono del resto contemplate posizioni personali. Lega e Fratelli d’Italia hanno ribadito la propria avversità al provvedimento, senza margini di trattativa. Contrario, seppur dialogante, il Nuovo centro destra, fuoriusciti compresi.
Poi c’è Forza Italia, che si è detta favorevole alle unioni civili ma contraria al ddl Cirinnà; in ogni caso, lascia libertà di coscienza ai propri deputati e senatori. Si tratta di tre opzioni egualmente legittime, ma tra loro in contrasto. Se si ritiene che il nostro ordinamento debba accogliere le unioni civili, allora si sarebbero dovuti chiedere emendamenti, nel tentativo di espungere le parti sgradite dal testo in discussione. Se lo si avversa in toto, però, nessuna sua parte può essere accolta. La libertà di coscienza, infine, presuppone che il partito non esprima un orientamento di voto, rimettendosi ai convincimenti di ciascuno, salvo che questo sia un modo obliquo per dire che chi vuole può esprimersi a favore. Se fosse così, bisognerebbe dedurre che la maggioranza dei gruppi parlamentari è per il no, ma lascia che una minoranza vada per la propria strada. Un simile risultato avrebbe dovuto comportare un dibattito interno che, se mai è avvenuto, non è stato reso pubblico.
Forza Italia non avrebbe insomma né una maggioranza, né una minoranza e tanto meno una comunità d’intenti, restando il vecchio partito ombrello sotto il quale si riparano anime diverse che continuano a detestarsi. Un coacervo di gruppuscoli notabilari che, in mancanza d’una linea univoca, non esitano, quando serve, a mettersi in proprio, com’è accaduto ad alfaniani, verdiniani e fittiani, non a caso cappeggiati da ex fedelissimi dell’ex Cav.
Alla fine, quando arriva una legge divisiva come la Cirinnà, la principale preoccupazione è di non scontentare alcuno, tenendo i piedi in tre scarpe.
Renato Besana