Anziché aumentare il PIL calcolando anche i proventi di droga, malavita e prostituzione, perché non rendere queste attività lecite e tassarle? Questa sì che sarebbe una mossa autenticamente liberale
Ormai ogni nostra giornata è scandita da un numerino che ci affligge, ci perseguita. Si tratta del PIL, il dato di crescita della nostra produttività nazionale, che poi più spesso o è una decrescita, attestandosi su valori negativi, o su minime frazioni di unità, risultando tra i più scarsi nell’intero ambito dell’Eurozona. Però, stranamente, non mi risulta che sia mai stata fatta una riflessione che cambierebbe alquanto le cose. Siamo in un Paese in cui almeno un terzo dell’economia nazionale sfugge al controllo, trattandosi dell’evasione sistematica in cui incorrono artigiani, ristoratori, proprietari di bar, di gioiellerie, e via elencando, cioè l’innumerevole schiera di chi denuncia meno rispetto a quanto sono costretti a denunciare i rispettivi dipendenti, è uno scandalo a cui fini qui non è stato posto rimedio, ci si limita a pronunciare altisonanti lotte agli evasori, ma poi nulla si fa, o si procede a tempi lunghi, bloccati dalle varie contestazioni che ovviamente i bravi evasori affidano nelle mani di esperti legulei. Ebbene, tutta questa produzione nell’ombra non corrisponde forse almeno a un terzo, rispetto a quanto viene ufficialmente dichiarato? E dunque, nel valutare ogni momento il nostro PIL, la cifra risultante non dovrebbe essere aumentata quanto meno di un terzo, anche a stare a stime prudentemente basse? Possibile che un ragionamento così elementare non sia scaturito dalle bocche e dalle pagine dei tanti pensosi analisti da cui siamo circondati? Qualcosa di questo genere, in verità, è stata tentata, e addirittura a livello generale, appunto di Eurozona. E’ stato proposto che alle cifre di questo PIl alla luce del sole si aggiungano i proventi di attività illecite o ai margini del sistema, quasi a un passo dalla criminalità. Si è detto cioè che i vari Paesi sarebbero autorizzati ad aggiungere i dati, senza dubbio non formalmente accertabili, sia della prostituzione, sia del traffico di droga. Ma questa mi sembra una soluzione indegna, da respingere risolutamente, quasi come se si volessero legittimare appunto certe attività per lo meno al margine, o addirittura immerse nella criminalità più palese. A meno di non prendere dei provvedimenti che le farebbero uscire dalla clandestinità. Per esempio, dei Paesi civili come il nostro dovrebbero dare uno statuto regolare alla prostituzione, portando le persone addette a questo settore a venir considerate alla stregua di intrattenitrici di fitness o di salutismo, con tanto di licenza, e locali aperti alla luce del sole, o delle tenebre notturne ma comunque con orari palesi, e dunque pure con l’obbligo connesso di denunciare davvero i proventi pagandovi sopra le tasse. Trovo poi che sia del tutto stupida la proscrizione della droga. A quanto pare la lotta degli USA all’alcol, nel periodo tra le due guerre, da cui è saltato fuori il gangsterismo, non ha insegnato nulla, e dunque si abbia il coraggio di vendere le droghe nelle tabaccherie, assieme alle sigarette, e allora nulla vieterebbe che lo Stato ci facesse sopra un “onesto” guadagno, tenendone conto nell’accertamento del PIL.
Renato Barilli