Ma i commercianti non dovrebbe essere un esempio di liberalismo?
Alla recente riunione della Confcommercio i rappresentanti degli associati hanno fischiato Renzi quando si è parlato del “famoso” bonus da 80 euro dato ai lavoratori dipendenti (e non ai commercianti).
Ci saremmo aspettati fischi da parte di questi piccoli imprenditori (perché i commercianti tali sono) per tutto quello che il governo ha promesso e non mantenuto, o forse, solo parzialmente attuato:
– La semplificazione di una burocrazia che soffoca con permessi, licenze, autorizzazioni di tutti i tipi e generi qualsiasi iniziativa viene sempre promessa e mai attuata: si parla ormai da decenni di sportelli unici per le piccole imprese che sono costrette a ricorre a consulenti e faccendieri per risolvere le molteplici pastoie burocratiche.
– La riduzione del carico fiscale viene sempre promessa e rinviata di anno in anno, legata ad una spending review che somiglia sempre più a un Moloch che divora coloro che l’affrontano (da Bondi a Cottarelli, tanto per fare esempi) e di cui, forse in un impeto di sincerità, ormai non si parla più.
– I prestiti delle banche, tanto necessari per piccoli imprenditori che non possono accedere al mercato obbligazionario, sono per molti una chimera: le stesse banche che hanno concesso prestiti per decine di milioni agli amici degli amici, quando si tratta di prestare qualche decina di migliaia di euro per iniziare o sviluppare una piccola impresa chiedono addirittura garanzie reali (cioè immobili) oppure praticano interessi da strozzinaggio.
E invece ecco la sorpresa: la protesta riguarda la mancata corresponsione dell’”indennità” di 80 euro che spetterebbe a tutti coloro che hanno un basso reddito: una specie di mini-reddito di cittadinanza.
Una categoria che dovrebbe essere tra quelle che maggiormente hanno una visione liberale della propria attività si distingue per andare alla caccia di pensioni, prebende o reddito fisso.
Altro che slancio imprenditoriale, desiderio di libertà e di autonomia nella propria attività, speranza di realizzare le proprie ambizioni e capacità attraverso un’attività il più possibile libera da pastoie statali, qui si va cercando la sicurezza del reddito fisso, la carità di Stato, i regolamenti e i vincoli che limitino la concorrenza, l’essere omologati ai dipendenti e ai pensionati.
Una visione economica legata alla logica più delle corporazioni che della libera iniziativa, che auspica regolamenti e vincoli statali (naturalmente a proprio favore) anziché garanzie di libera concorrenza.
Ecco perché Libertates ritiene più che mai necessaria un’opera di sviluppo della cultura liberale dell’economia: altrimenti saremo sempre sudditi e non diverremo mai cittadini.
Angelo Gazzaniga