Così si assassinano le favole (con i soldi della UE e del Dipartimento Pari Opportunità)

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de turris
Cosa distingue uno Stato liberale e/o democratico da uno Stato autoritario e/o dittatoriale? Ho sempre saputo che le discriminanti sono le libertà fondamentali: di pensiero, di parola, di stampa, di espressione, di associazione. Da settanta anni sentiamo ripeterci le malefatte dei regimi di sinistra e di destra che caratterizzarono il Novecento, le accuse contro lo “Stato pedagogico” e lo “Stato etico”, lo “Stato di polizia”, lo “Stato liberticida” vale a dire quei tipi di governo che impongono come pensare, come parlare, come agire, come comportarsi sin nei minimi particolari attraverso imposizioni dall’alto cui si deve ubbidire.
Sicché si resta francamente allibiti, se non basiti e allarmati, da alcune recenti iniziative prese sotto l’ex governo Letta, dal Dipartimento Pari Opportunità che opera nell’ambito del Ministero del Lavoro. Per chi non lo sapesse chissà quando e per decisione da chi esiste nel Dipartimento un fondamentale ufficio, l’Unar, che vuol dire Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali diretto da Marco De Giorgi, che lavora indefessamente per ovviare al diffuso e crescente razzismo italiano. Opera grazie anche ai fondi del Consiglio d’Europa che ha molto a cuore il problema. L’Unar si preoccupa di cosa diciamo e di cosa pensiamo, sempre per scopi nobili naturalmente, e produce, con la collaborazione di esperti non si sa bene scelti da chi e pagati quanto, testi e opuscoli per alcune categorie di professionisti che devono essere tenuti d’occhio e indirizzati sulla retta via, togliendo dalle loro teste opinioni scorrette o “inappropriate” (come usano dire con linguaggio forbito).
Ad esempio, i giornalisti e gli insegnanti. L’informazione e la scuola sono infatti gli ambiti che da sempre più interessano i regimi che tendono a formare e irreggimentare la mentalità delle persone, da piccoli e da grandi, proprio come il tanto criticato e ridicolizzato Minculpop, o anche l’immaginario ma non troppo Ministero della Verità di 1984. Il primo emanava le famose “veline” per indirizzare la stampa italiana: cosa dire e cosa non dire, che argomenti evidenziare e quali ignorare, che parole usare e quali evitare, e così via. Il secondo, dove lavorava il protagonista del romanzo di George Orwell, aggiornava continuamente le fonti di informazione del passato, giornali, libri, enciclopedie, cancellando e/o sostituendo eventi, personaggi, date, giudizi.
Le “linee-guida” stampate dall’Unar per gli “operatori dell’informazione” e gli “operatori della scuola” (denominazioni molto sociali e proletarie, a veder bene) puntano proprio a questo nel settore della problematica sessuale e familiare con lo scopo di modificare non soltanto il modo di esprimersi, ma anche la percezione che si ha di alcuni fondamentali aspetti della vita (fidanzamento, matrimonio, famiglia, figli). I giornalisti devono avere un occhio di riguardo per coloro i quali, riuniti sotto la sigla LGBT (lesbiche gay bisessuali transessuali), l’Unar afferma siano senz’altro “discriminati”, e non usare nei loro confronti termini che sempre l’Unar ha deciso ex cathedra essere poco “dignitosi” e non “corretti” (famiglia gay, utero in affitto, trans ecc.). Ai giornalisti, tra l’altro, si chiede anche di non “discriminare” le unioni omosessuali affermando che esse sono sterili rispetto a quelle eterosessuali (pur se è la verità).
Gli insegnanti degli asili e scuole elementari non devono più far conoscere ai bimbi le favole tradizionali con re e principesse per evitare che da adulti si pensi che inevitabilmente si incontrerà, ci si innamorerà, si sposerà un “principe azzurro” o una Biancaneve o una Bella addormentata nel bosco, avendone dei figli. Potrebbe infatti accadere il contrario: ci si potrebbe innamorare ad esempio di un bel paggetto… Insomma, esistono anche le famiglie maschio/maschio e femmina/femmina. Gli opuscoli della serie Educare alla diversità dell’Unar prospettano proprio questo.
In altre parole i killer ministeriali assassinano le favole classiche, le fiabe dei Grimm,di Perrault,di Andersen, di Basile e le sostituiscono con narrazioni “moderne” in cui i padri e le madri sono due o tre e ci si innamora di appartenenti allo stesso sesso. Il che equivale a manipolare menti in formazione, uccidere le fantasie infantili, erotizzare sin da piccolissimi bimbi e bimbe, facendoli diventare “adulti” velocemente e traumaticamente, annullandone l’innocenza, preparandoli ad accettare i matrimoni gay ufficialmente ancora di là da venire, abituandoli alla omosessualità come “normalità”, magari inducendoveli dato che è presentata come una cosa assolutamente naturale.
Cosa è tutto questo se non la creazione di un nuovo Stato pedagogico politicamente e sessualmente corretto da far invidia alle dittature storiche? Che cosa è tutto questo, ammantato da buone intenzioni, se non l’imposizione dall’alto, dal ministero, dal governo, di un modo obbligatorio di pensare, immaginare, parlare secondo direttive imposte dall’alto, di una verità di Stato attraverso un glossario di Stato? Con queste iniziative, i governi italiani con le spalle coperte dalla Unione Europea, tentano d’imporre surrettiziamente quell’americanata che è la “ideologia gender” che ritiene il genere sessuale non fornitoci da Madre Natura ma creato e imposto man mano dalla Società. Sicché interveniamo sulla società per instillare il concetto di omosessualità come normalità nei bambini in tenera età. Con il risultato non previsto, magari, di far considerare loro anche gli approcci sessuali dei pedofili come una cosa “normale”…

Gianfranco de Turris

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