Un aspetto poco conosciuto e assai poco liberale: la pubblicità occulta. L’esempio di “che tempo che fa” di Fazio
Quasi ogni giorno sui maggiori quotidiani del nostro Paese si consuma un reato che non mi risulta essere stato denunciato, o mai con l’energia che esso meriterebbe. Si tratta delle due o addirittura quattro pagine che vengono consacrate ad eventi di attualità, il più delle volte mostre d’arte, o anche convegni, incontri, festival teatrali o musicali. Ebbene, questi consistenti inserti non derivano dalla libera e autonoma attività giornalistica, con relativo diritto di critica, ma al contrario altro non sono che pagine pubblicitarie a pagamento, con tariffe anche considerevoli. E dunque, dovrebbero presentarsi accompagnate da una corretta indicazione di “messaggio pubblicitario”, cosa che invece mai avviene. In mancanza di questa opportuna segnalazione, un lettore medio può essere tratto in errore, indotto cioè a pensare che quella tale mostra o manifestazione sia davvero di prima qualità, visto lo spazio che le dedica un foglio autorevole. Tanto più che in genere vi compaiono articoli stesi dalle firme dei titolari delle rispettive rubriche, cioè da quei pensosi critici che altrove, con articoli ben più ridotti, svolgono davvero il loro compito autonomo di giudici severi di quelle varie imprese cui invece, proprio nelle pagine a pagamento, devono dedicare un “servo omaggio”. Se queste pagine fossero pagate da privati, la cosa sarebbe ancora sopportabile, ma in genere il finanziamento viene da enti pubblici, Giunte regionali, Comuni, Fondazioni bancarie, che magari sottraggono le relative risorse a più utili destinazioni. La scusa è che a quel modo si promuove la cosa, ottenendo una più ampia partecipazione di spettatori paganti, ma l’opinione pubblica avrebbe tutto il diritto di chiedere i conti, scoprendo che il più delle volte le entrate non coprono le enormi spese di promozione, le quali in definitiva sono rivolte soltanto a premiare le ambizioni personali delle autorità che le deliberano C’è anche un ulteriore effetto perverso, se un povero disgraziato curatore in potenza di mostre si presenta proprio a una di quelle autorità avanzando una qualche proposta, e assicurando anche di mantenerla entro costi contenuti, si sente travolgere dalla fatale domanda: dove sono le migliaia di euro indispensabili per la promozione? L’esito infausto è che, per non rischiare, si fa piovere sul bagnato, puntando quasi sempre su esposizioni dedicate ai “soliti noti”.
In questa materia vorrei segnalare una forma di pubblicità neppure occulta, ma proclamata ai quattro venti, di cui è colpevole, ma del tutto indenne, una trasmissione RAI pure di alto profilo, si pensi al “Che tempo che fa” di Fazio, dove vengono invitati il regista famoso, lo scrittore, l’uomo politico, e fin qui tutto bene, Fazio è bravo nel condurre questi incontri a tu per tu con i vari protagonisti, solo che il talk show è posto in vicinanza dell’uscita del film o del libro di quei grandi personaggi, e dunque ne viene un travolgente effetto pubblicitario, anche qui rispettando l’aurea regola di “far piovere sul bagnato”. Forse che anche in questo caso non dovrebbe comparire la soprascritta di “messaggio pubblicitario”? Una trasmissione di più basso profilo quale “Striscia la notizia” in questo è molto più corretta, quando Greggio agita qualche libro o promuove qualche spettacolo, compare contestualmente il debito annuncio, e dunque gli spettatori sono avvertiti, si tratta appunto di pubblicità allo stato puro.
Renato Barilli