DA ALDO MORO A GIUSEPPE CONTE: UN PAESE PER LATIN HEROES

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“L’Italia ha ripudiato Keynes, perdendo così anni preziosi”
Piero Ottone, La scienza della miseria spiegata al popolo 1980

La situazione dell’Italia non è mai stata così grave dal 1978, l’annus horribilis del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro. Il coronavirus è l’altra faccia della tragedia di via Fani, provocata dall’irruzione cruenta dell’Ideologia (che fa rima con patologia) nel reale al limite del colpo di Stato comunista; nessuno lo ricorda più nel Belpaese del Gattopardo, ci ha pensato lo psichiatra ungaro-americano Steve Pieczenick in un’intervista al giornalista Emmanuel Amara “Nous avons tué Aldo Moro”: una delle menti più brillanti del Dipartimento di Stato Usa che in Italia ha subìto un mandato d’arresto dalla Procura di Roma nel 2014 per concorso in omicidio. In guerra non si fanno prigionieri: “Quando sono arrivato in Italia c’era una situazione di disordine pubblico: c’erano manifestazioni e morti in continuazione. Se i comunisti fossero arrivati al potere e la democrazia cristiana avesse perso, si sarebbe creato un effetto valanga. Gli italiani non avrebbero più controllato la situazione e gli americani avevano un preciso interesse in merito alla sicurezza nazionale. Mi domandai qual era il centro di gravità che al di la di tutto questo fosse necessario per stabilizzare l’Italia. A mio giudizio quel centro di gravità si sarebbe creato sacrificando Aldo Moro. L’uccisione di Moro ha impedito che l’economia italiana crollasse… Per quanto mi riguarda, la cosa era evidente. Cossiga se ne rese conto solo nelle ultime settimane. Aldo Moro era il fulcro da sacrificare attorno al quale ruotava la salvezza dell’Italia…”.
Il rifiuto del capitalismo in senso occidentale da parte della DC e del Pci portò il Paese sull’orlo della guerra civile, con l’attacco diretto delle Br al cuore dello Stato.
E’ il virus dell’Ideologia, che da sempre – in questo gli italiani sono drammaticamente coerenti – blocca il passaggio del nostro Paese per “latin heroes”, dall’ideale della “società chiusa” alla opening society agognata da George Soros. Orbene, nell’interessante dossier del giornale “Affari e finanza”, Marco Patucchi osserva che c’è il condizionamento di Aldo Moro nella politica del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, meridionale come il primo: “In teoria Giuseppe Conte potrebbe esibirsi nel remake di quella cerimonia di cinquantacinque anni fa, interpretando il ruolo del suo predecessore e conterraneo Aldo Moro. Era il 1965 e lo statista ucciso dalle Brigate rosse nel 1976 (rectius: 1978, ndr), inaugurava l’acciaieria Italsider di Taranto. Il nuovo polo della siderurgia di Stato e la promessa di prosperità per buona parte del Meridione.
Adesso il premier Conte, pugliese come Moro, governa il ritorno dell’acciaio pubblico con la ex Ilva che nel giro di poche settimane vedrà l’ingresso di Invitalia con una quota del 50% a fianco della multinazionale franco-indiana Arcelor Mittal, presenza destinata a salire al 60% nel 2022. L’acciaio di Stato…”. E’ rinata la “razza padrona” dei novelli Cefis e Rovelli, all’ombra del governo giallo-rosso. Con tanti saluti al venture capital: rischio di capitale, fondato sulla libera competizione.
Ci manca soltanto il gosplan sovietico delle Partecipazioni Statali (sic!), ma questo è il punto: si tratta dell’altra faccia dell’irresponsabile opposizione al Mes (Fondo Salva-Stati) che Conte si sta assumendo fino in fondo in queste ore e settimane drammatiche. Qual è la posta in gioco rappresentata dal Mes? Scusatemi l’autocitazione, ma il problema era già stato analiticamente trattato nel marzo 2020 all’interno del dossier “Perché Giuseppe Conte non vuole fare il New Deal di Keynes”: lì si sosteneva che, a differenza di Boris Johnson che ha attuato l’“helicopter money” nei confronti degli inglesi con il deficit spending (spendere più di quello che si ha), Conte non ha voluto fare lo stesso in Italia temendo di provocare le ire dei Cinque Stelle, che di Keynes non vogliono proprio saperne: poiché Lord Keynes era al fondo un liberista.
Dunque, è stata gettata alle ortiche la possibilità di fare un New Deal italiano in piena emergenza Covid-19. Otto mesi dopo interviene l’Unione Europea, ammonendo Roma: siete sull’orlo del default. I soldi per l’azione di deficit spending – spesa pubblica in deficit – nei confronti del sistema sanitario nazionale ve li diamo noi. Risposta di Conte Giuseppe: no, grazie. “Non c’è nessuna pregiudiziale ideologica”: excusatio non petita, accusatio manifesta in conferenza stampa. “Questi soldi prima o poi vanno restituiti”, come a sottolineare implicitamente che è un ricatto della Trojka. Qualcuno ha spiegato all’“avvocato del popolo” che c’è la globalizzazione? E che nel quadro comunitario europeo di una globalizzazione peraltro molto regolamentata, ci sono altresì le “condizionalità dei mercati finanziari”? Condizionalità molto positive – è bene sottolinearlo con la matita rossa
L’Italia di adesso ricorda l’Urss degli anni ottanta. Con all’orizzonte la deflazione e il rischio povertà.

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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