De Michelis una figura inquietante nella storia dell’Italia moderna
“Soltanto le persone superficiali non si accontentano della superficie”: è morto a 78 anni Gianni De Michelis, l’Oscar Wilde al Garofano della Milano da bere, protagonista assoluto del craxismo rampante all’assalto del Psi di Francesco De Martino nel 1978- ’79, poi ras delle Partecipazioni statali dal 1980 al 1983: un periodo tristissimo della nostra Repubblica, perché il venture capital (rischio di capitale) venne demolito e sostituito dall’Armata Brancaleone dei “nani e ballerine” anche per colpa dell’elan vital del vice di Bettino Craxi ,che tra una discoteca e l’altra distrusse l’apertura alle privatizzazioni neutralizzando per sempre il sogno della via italiana a Steve Jobs. Sarebbe stato un buon contributo all’informazione se Filippo Ceccarelli, erede delle “convergenze parallele” di Aldo Moro, si fosse ricordato di aggiungere questo particolare nel suo lunghissimo ma soprattutto labirintico ritratto su la Repubblica. Chi scrive consiglia di leggere l’immortale “Se Steve Jobs fosse nato in Italia” a firma di Alessandro Penati; orbene, è stato lo statalismo predatorio da latin heroes dei De Michelis coi capelli unti a rendere l’Italia un paese pericolosamente al bordo della bancarotta prima, e del rischio fascismo ora.
C’è un fatto che quasi nessuno ricorda, ne ha scritto ampiamente il brillante Enrico Deaglio sul Venerdì: “…I Salvo diventarono i banchieri più potenti d’Italia ed erano protetti nientemeno che da Giulio Andreotti. Quando, nell’agosto del 1982, il governo nazionale (presidente Spadolini) timidamente propose di abbassare il loro “aggio”, che era uno scandaloso dieci per cento, i Salvo non ci pensarono due volte: convocarono la stampa, minacciarono tutti e fecero cadere il governo, che tornò sui suoi passi e si ripresentò in fotocopia (Spadolini bis) con un accordo a favore degli esattori di Salemi. Poi ci fu la guerra di mafia e i Salvo la persero, e uno dei due cugini perse anche la vita…”. De Michelis fece allora una scelta molto precisa: rimango Ministro delle Partecipazioni statali (da gosplan sovietico) o mi schiero contro il monopolio dei cugini Salvo. Indovinate come è andata a finire….
Ma… il mondo non è riducibile ad uno schemino, e neanche la vita ricca e complessa di questo intellettuale prestato al potere che aveva una sensibilità umana enorme, lo spessore del bibliofilo, un’intelligenza finissima (Craxi si sentiva inferiore a lui nella sua intelligenza settoriale da Ghino di Tacco) e che è migliorato enormemente dopo il tracollo di Mani Pulite.
Anche nella pulizia dei capelli: non è una battuta…
“Bettino si è spezzato. Io no. Ho trovato rifugio nelle biblioteche”. Dell’imprenditore Raul Gardini morto suicida nel luglio del 1993 in piena Mani Pulite – coprotagonista della maxitangente Enimont– disse intervistato a La storia siamo noi di Giovanni Minoli: “Era un misto di un visionario con delle visioni sostenute da dei ragionamenti, naturalmente, e al tempo stesso di guascone. Questo mix può portare molto in là, può portare verso dei grandi successi, ma può portare anche alla rovina”.
C’è un giovane di talento. Forse è il nuovo Francis Scott Fitzgerald italiano, e ha 36 anni. Si chiama Matteo Cavezzali e ha scritto un’opera a metà tra fiction e realtà: “Icarus, ascesa e caduta di Raul Gardini”. Fa venire i brividi la sua capacità di mettere a nudo la psicologia del gambler della chimica italiana Raul Gardini, identificato con il mito di Icaro. Eccone alcuni passaggi salienti:
“… La vicinanza del sole ardente ammorbidì la cera odorosa che teneva unite le penne. Si sciolse, la cera: lui agitò le braccia rimaste nude, e non avendo con che remigare non si sostenne più in aria, e invocando il padre precipitò a capofitto, e il suo urlo si spense nelle acque azzurre, che da lui presero il nome. Il misero padre, ormai non più padre, “Icaro!”, gridava intanto.
“Questo è il racconto più noto della morte di Icaro, figlio di Dedalo, come ci è stato rimandato dal poeta Ovidio nel libro VIII della Metamorfosi, scritto nel 43 avanti Cristo… Icaro si spinse in mare aperto, sfidando le onde e assaporando la libertà, ma l’imbarcazione si capovolse, cadde in mare, e fu trascinata negli abissi dall’impeto delle correnti. Il corpo di Icaro non fu più recuperato. Non fu possibile dargli la sepoltura, impedendo così al suo spirito di raggiungere Ade nel regno dei morti.
La sua anima rimase così intrappolata sulla terra dei vivi”.
Ps –Icarus, ascesa e caduta di Raul Gardini, già. De Michelis un po’ gli somigliava.
E con la Gelassenheit del sopravvissuto (non del vincente) parlava con realismo e lucidità a Giovanni Minoli del ravennate Raul che disse: “Io sono la chimica italiana. L’ambizione non è mai troppa”: parlando in verità di se stesso.
E senza i capelli unti.
di Alexander Bush