Due episodi di cronaca, purtroppo, nera di cui sarebbe bene non occuparsi se non per trarne deduzioni generali:
- in un paese dell’hinterland milanese uno studente colpisce con due coltellate l’insegnante procurandole ferite gravi. Arrestato viene contestualmente espulso dalla scuola. I genitori ne contestano l’espulsione perché il ragazzo aveva avuto sinora buoni voti e quindi avrebbe meritato di essere promosso
- a Roma alcuni giovani, impegnati in una specie di gara su internet, procedono a folle velocità speronano una Smart uccidendo un bambino che era a bordo. In questo caso i genitori, prontamente accorsi, rincuorano i ragazzi dicendo loro che si trattava in fondo di una ragazzata e che si sarebbe risolto tutto con un bel po’ di soldi.
Domanda legittima: ma di chi è in fondo la colpa? Dei ragazzi, sicuramente autori materiali del delitto (sì, perché in questo caso di veri e propri delitti si tratta) oppure anche e soprattutto di genitori che tutto tollerano e tutto giustificano del comportamento dei propri figli, visti sempre come innocenti pargoli a cui tutto perdonare dando colpa agli insegnanti, alla società o ai casi della vita?
Non sarebbe forse meglio abbandonare l’atteggiamento secondo cui i figli devono essere considerati sempre amici e compagni e tornare a quello per cui compito dei genitori è dare delle regole e dei limiti e compito dei figli (eventualmente) contestarle e trasgredirle?
Avremmo forse giovani meno “amiconi” ma più coscienti dei loro doveri e della loro posizione nella società e, forse, anche più sereni e più soddisfatti.
di Angelo Gazzaniga