Quale insegnamento dale ultime elezioni russe?
Il 18 settembre le elezioni parlamentari in Russia hanno messo in evidenza il dominio totale del regime: ormai il partito di Vladimir Putin (“La Russia Unita”) controlla piu’ del 75% posti della Duma Statale. Il risultato molto più modesto del voto precedente di cinque anni fa aveva suscitato proteste importanti: in quei giorni Mosca aveva visto centomila cittadini scesi in piazza. Oggi non c’e’ nessuno per denunciare il furto dei voti.
Tuttavia manca anche la gioia dei vincitori. L’affluenza alle urne troppo bassa ha sporcato la festa. Per la prima volta nella storia russa il Parlamento nasce basandosi sul voto di una minoranza (il 47%, secondo i dati ufficiali). A Mosca, a San Pietroburgo e ad alcune altre grandi città l’affluenza è rimasta al di sotto del 30%,: fra i votanti “La Russia Unita” ha avuto circa il 40%. Il trionfo è stato garantito dai capi della periferia, la cui fedeltà eccessiva crea tuttavia problemi di immagine al Cremlino. Tipico è il caso Cecenia: dobbiamo credere che laggiù l’86% abbia votato, e fra questi il 96% per “La Russia Unita”? Ora, i vassalli troppo zelanti vorrebbero ricevere dal sovrano qualcosa in cambio, mentre la situazione economica non lascia spazio a gesti generosi.
La delusione della gente che evita di votare indica che l’euforia nei confronti di Putin sta evaporando. Grosso modo c’è ancora, ma il trend indica un calo. Lo hanno ben presente anche al Cremlino: per questo motivo giocano una carta pericolosa, fingendo di ritornare ai tempi della guerra fredda con gli USA.
Una decina di anni fa era di moda una canzonetta sarcastica: “Contro di noi ci sono le Orde del Buio, ma noi siamo con il Cristo e Putin”(https://www.youtube.com/watch?v=KhKIzSrvyf4). Ora sembra che non sia piò tempo di sarcasmi. L’architetto della politica interna putiniana, Vyaceslav Volodin (che è diventato lo speaker del Parlamento rieletto) disse due anni fa, perfettamente serio: “Se c’e’ Putin, vuol dire c’è la Russia. Se non c’e’ Putin, vuol dire che non c’e’ la Russia.”
L’assurdo di questa situazione è ben percepita da molti, compresa la nomenklatura del potere. Eppure, oggi come oggi, non si vede una exit strategy. Anzi, c’è paura del futuro, condivisa anche da una parte dei liberali: secondo loro, la scomparsa improvvisa di Putin susciterebbe un vero e proprio caos. Riflessioni di questo tipo sembrano richiamare ,simbolicamente le vicende di cento anni fa, quando il paese fu alla vigilia della grande rivoluzione.
Una delle versioni accreditate per il futuro prossimo prevede elezioni presidenziali anticipate: così Putin potrebbe sfruttare la sua popolarità ancora grande, senza subire le conseguenze della crisi economica. In questo caso per poter candidarsi avrebbe bisogno di una riforma costituzionale, tipica di una dittatura da Terzo Mondo. Ecco perché la maggioranza assoluta in Parlamento potrebbe rivelarglisi utile.
Denis Bilunov