Facebook é una delle più geniali invenzioni di questi ultimi anni dal momento che consente a qualsiasi utente di dialogare, inviare post, commentare in “real time”, privatamente o pubblicamente, un evento o una ricorrenza particolare. Volendo usare un termine molto amato è una sorta di “chat globalizzata” ovvero una finestra aperta sul mondo. Spesso però capita di leggere tra le righe frasi che nulla hanno a che fare con il vivere civile ed il buon senso, frasi rivolte soprattutto a quelle persone non ritenute normali e quindi da discriminare. É giunto il momento di domandarci cosa sia oggi la normalità e, soprattutto, quali siano i valori di questi giovani frequentatori di facebook che inneggiano al turpiloquio e alla discriminazione più abbietta. Giustamente, come commentato dal padre di un ragazzino down vittima di offese: “queste sono persone che ispirano commiserazione e pena, perché non hanno ideali, né valori etici su cui reggere la loro esistenza.”
Sono persone dunque prive di una sana interiorità, figli di una contingente pseudocultura materialista ed edonistica che all’amicizia e al rispetto per l’altro contrappone un’assurda bramosia di sopraffazione e un’iniqua “legge del più forte”. A monte c’è la mancanza di una sana cultura dell’attenzione e del sacro rispetto per l’altro. Il diverso, sia esso l’immigrato, il disabile, l’anziano, la persona di colore, viene guardato da alcuni con ostilità, come “qualcosa” che merita esclusivamente derisione e isolamento. Non può esistere poi vigliaccheria più deprecabile che assistere passivamente al diffondersi in rete di una ghettizzazione globalizzata ai danni soprattutto dei disabili: è iniquo prendersela con delle persone la cui sola colpa è quella di essere diversamente abili, una delle categorie più fragili e bisognose di aiuto, e che spesso oltretutto non possono difendersi dai soprusi perpetrati ai loro danni a causa dei propri gravi handicap invalidanti. È bene che la società civile si indigni seriamente e che condanni in maniera ferma e decisa tali gesti discriminatori come quelli compiuti più generalmente verso qualsiasi altro soggetto.
È importante che si realizzino canali culturali e pedagogici che facciano concretamente comprendere alle nuove generazioni, ma non solo a loro, che la vita reale non è una fiction, che la quotidianità non è quella di certe trasmissioni televisive demenziali e alienanti . Tuttavia basterebbe che ci si soffermasse a considerare il dolore di tutte quelle persone che spesso all’interno della società in cui vivono non riescono a integrarsi per colpa di una loro discriminata diversità , notare che forse proprio ció conferisce loro una carica in più di sentimenti e di umanità che può arricchire interiormente noi tutti . Se questo impulso di incondizionata solidarietà sociale prendesse piede magari potremmo leggere meno di rado pensieri come questo:
“Diamo voce al cuore di tutti e senza alcuna sorta di distinzione: avremo tanto da imparare.”
Questo è quanto i Comitati per le Libertà si augurano accada presto.
Federica Barbati