Ormai possiamo mettere da parte le analisi post-elettorali su chi ha vinto e chi ha perso. Sappiamo fin troppo bene come sono andate le cose: ha perso il “vincente” Bersani, “visconte dimezzato”; Gli elettori, se vogliamo dirla tutta, non hanno nemmeno creduto a Sua Emittenza, che ha sì recuperato terreno durante questi ultimi mesi, ma ha ben poche ragioni per sorridere (e i cittadini con lui). Ha perso il professor Monti, nonostante le sue parole di circostanza sul fatto che ha messo in piedi una lista in due mesi partendo da zero. Con lui ancor peggio hanno fatto Fini, fuori dal parlamento, e Casini, che sperava di rivitalizzare il centro ma si ritrova ridimensionato addirittura rispetto ad ogni sua più pessimistica aspettativa. Inutile, poi, infierire su Di Pietro, Ingroia et similia. Per loro è una vera debacle.
Ha perso una legge elettorale, non dimentichiamocelo (ma che dicono da anni i Comitati a questo proposito?), che ci ha regalato “quer pasticciaccio brutto”.
Ha vinto soltanto Giuseppe Piero Grillo, detto Beppe. Anzi, ha stravinto, anche se potrà fare ben poco.
Per prima cosa analizziamo perché ha vinto lui e non altri. La crisi ha morso, e la gente l’ha chiaramente fatto capire nelle urne. La proposta di Silvio Berlusconi di restituire l’Imu ha ringalluzzito molti che votandolo hanno creduto, a torto, di recuperare quei pochi soldi per ricominciare a sorridere. Sappiamo tutti che Bersani era partito, all’inizio della campagna elettorale, con un margine stellare che si è poi eroso ogni giorno di più. Il risultato della sua coalizione è il triste risultato di un messaggio che Bersani non è riuscito a far passare tra la gente. Si sa, la gente spesso vota col cuore e il cuore ha detto no al leader del Pd che non ha saputo dare una visione chiara di quale futuro avrebbe dovuto attendere l’Italia. Gli elettori, se vogliamo dirla tutta, non ha nemmeno creduto a Sua Emittenza, che ha sì recuperato terreno durante questi ultimi mesi, ma che come leader carismatico e premier più longevo della storia della Repubblica ha raccolto davvero le briciole. E’ davvero un po’ poco sorridere per non aver fatto vincere gli “odiati” rossi.
Se vogliamo pensare che abbia vinto l’antipolitica, pensiamolo pure. Forse potrà non piacere il termine – chiamiamola pure l’”altra politica” – ma comunque è quella che ha vinto. E Grillo ne è stato il campione più credibile. Il succo della questione lo si trova tutto nell’agire dei partiti politici negli ultimi mesi di legislatura: caduto Berlusconi è stato appoggiato Monti, una persona per bene e competente, con lo scopo (non sarà così ma è questo quello che la gente ha percepito) di fargli fare tutto ciò che per ragioni elettorali i partiti più grandi non avrebbero mai osato fare. Il professore, d’altro canto, è stato appoggiato in parlamento, ma poi smentito, criticato, osteggiato in pubblico. L’ha fatto il Cavaliere, l’ha fatto (in maniera un po’ meno evidente) il Pd.
Con la vittoria praticamente in tasca il Pd non ha fatto nulla per cambiare una legge elettorale terrificante: chiamarla porcellum è una chiara offesa ai suini. Idem ha fatto il Pdl perché questa legge fa chiaramente comodo ai partiti maggiori. Ha provato a farlo Casini, ma con la speranza di tornare al vecchio proporzionale. Per farci cosa?
Nessuno ha pensato alla questione del dimezzamento degli emolumenti a onorevoli e senatori. Quei quattrini devono fare davvero comodo a tutti. Idem se parliamo del finanziamento pubblico ai partiti: tutti a fare orecchie da mercante.
Ha vinto l’unico che queste proposte le ha messe al primo punto della propria agenda parlamentare: Grillo, appunto. E la gente ha colto al volo l’occasione.
Alla luce di queste considerazioni, da domani mattina cosa succederà? Gli scenari sono molteplici, ma uno sembra il più coerente e percorribile: se Bersani decidesse di formare un governo di salute pubblica con Monti e il Pdl perderebbe anche quel poco di voti che gli sono rimasti. Il cerchio si restringe e rimane solo il M5S, che però ha già detto “no” agli inciuci. I grillini vogliono fare da soli, e hanno pure ragione.
Allora azzardo io una proposta: e se Bersani cercasse un accordo Pd-M5S per formare una maggioranza che si occupi di fare due o tre riforme urgenti come la legge elettorale, la risoluzione del conflitto d’interessi, il dimezzamento dello stipendio ai parlamentari e l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, per poi andare al voto?
Questi sono temi che stanno a cuore sia agli elettori del centro-sinistra che a quelli di Grillo. Il Pd ci farebbe davvero una bella figura e il M5S non potrebbe tirarsi indietro: come giustificare di fronte ai propri elettori il fatto che avrebbero avuto l’occasione storica di fare quello che si erano ripromessi e per una ragione puramente di opportunità politica non l’hanno fatto?
Questo permetterebbe due cose: mettere al tappeto – definitivamente – Berlusconi e giocarsela alle prossime elezioni, magari con una legge maggioritaria “vera”. Chi vince governa, altro che attendere un mese o due per capire che succede.
E magari il Pd, proponendo come nuovo candidato premier un Renzi, riuscirebbe a dare anche il segnale di voler mandare a casa la vecchia nomenclatura e volersi rinnovare. E riuscirebbe a fare quello che non riesce a fare da vent’anni: finalmente vincere e governare questo benedetto Paese.
Bad Boy
Le prime dichiarazioni di Grillo (“Bersani è un morto che parla. Non daremo la fiducia né al Pd né a nessun altro) non promettono niente di buono. L’Italia ha bisogno di risposte vere, non di chiacchiere da Web. I parlamentari della Repubblica hanno il DOVERE di prendersi delle responsabilità. E’ quello che il M5S ha sempre affermato e ora ha il dovere di essere coerente con sé stesso.