Per avere un parlamento più onesto e uno Stato più efficiente una delle misure più immediate è il collegio uninominale
Il Parlamento attuale, eletto sulla base di una legge dichiarata parzialmente incostituzionale, spesso ha dato di sé spettacolo indecoroso: non per le migrazioni dall’uno all’altro partito o movimento, per la continua invenzione di gruppi e correnti all’interno dei “cartelli” più numerosi (compresi grillini parlanti), né solo per le risse talora plateali, ma per la sua manifesta e colpevole inconcludenza sui nodi fondamentali della società civile. L’art. 47 della Costituzione afferma che la Repubblica “incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme, disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”. L’attuale è la Repubblica del Monte Paschi di Siena, della Banca Etruria, di quelle Venete, di Carige… È quella che, anziché promuovere, penalizza in tutti i modi il risparmio. L’articolo 41 recita che “l’iniziativa economica privata è libera”. In realtà nell’Italia odierna essa è soffocata in fasce. Secondo l’articolo 42 “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge”. Nei fatti essa è munta quotidianamente da Stato, Regioni, Province e Comuni. I proprietari di una casa o di un campo vengono annualmente espropriati da un un sistema fiscale vorace dinnanzi al quale il cittadino è impotente e cova ribellione perché non vede come altrimenti liberarsi da una “cupola” di incompetenti divisi su tutto tranne che nella spartizione della torta. La decadenza automatica dopo due legislature sbandierata come garanzia di ricambio è una sciocca invenzione recente, una menzogna buona per le allodole (una tra le specie più stupide di uccelli) perché, con la legge elettorale vigente, essa lascia la scelta del “successore” non agli elettori ma alle direzioni dei partiti o alla Casaleggio & C., al di fuori di un reale controllo democratico.
L’unico vero rimedio è costituito da due misure: il ritorno ai collegi uninominali e un equilibrato premio di maggioranza alla coalizione (o federazione o lista) che ottenga una percentuale significativa di consensi, conciliando stabilità e rappresentatività. Sono principi elementari ed ovvi. Non richiedono sofisticata cognizione dei garbugli delle leggi elettorali, ma un minimo di conoscenza della storia del Paese e la memoria chiara e precisa dei guai che ha combinato Matteo Renzi da quando si incaponì a volere una nuova legge elettorale a inizio legislatura, quando tutti sanno che ciò ne avrebbe decretato automaticamente la fine. È la stessa spocchia con la quale si intestò il referendum del 4 dicembre e che ora ostenta chiuso nella camera blindata nella sede di un Partito che di democratico ha l’etichetta, non la sostanza. La risposta agli elettori, sulla base di una legge rispettosa della volontà dei cittadini.
di Aldo A. Mola