L’elezione indiretta del Senato servirà davvero al prestigio dei futuri Presidenti?
Il Presidente, capo dello Stato e rappresentante dell’unità nazionale (art. 83 della Costituzione), trae forza e prestigio dalla sua elezione da parte dei parlamentari, a loro volta eletti dai cittadini e rappresentanti della Nazione senza vincolo di mandato (art. 67). La sostituzione della elezione diretta del Senato con una di secondo grado (comunque configurata) gioverà davvero al prestigio dei futuri Presidenti? Le ormai continue promesse di interventi migliorativi in Senato di leggi approvate a Montecitorio non indicano forse che la Prima Camera deve avere una base elettorale non meno ampia ed avallante dell’altra? Inoltre, al netto delle posizioni dottrinali e storiografiche rispondenti alle condizioni eccezionali del cambio istituzionale, della Costituente e del rodaggio della Carta negli anni del Centrismo, proprio dalla pacata rassegna dei Presidenti della Repubblica risulta sempre più evidente l’esistenza di una linea di continuità rispetto all’epoca monarchica: nelle linee di fondo della politica estera, nella difesa degli interessi generali permanenti dei cittadini (anche con le armi, quando occorra), nella dialettica tra istituzioni e sovranità dei cittadini, esercitata nelle forme e nei limiti della Carta. Balza dunque evidente la centralità irrinunciabile del Parlamento, la cui eclissi di rappresentatività popolare (sia pure parziale ma permanente) oscurerebbe anche quella del Primo Magistrato della Repubblica, che indice le elezioni delle Camere e i referendum, promulga le leggi, accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, ha il comando delle Forze Armate, presiede il Consiglio supremo di difesa, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere, presiede il Consiglio superiore della Magistratura…., esercita una somma di poteri apicali, tali da esigere la massima ampiezza della partecipazione dei cittadini alla formazione delle Camere deputate ad eleggerlo. E questo non può che restare valido fino a quando, come Libertates propone, la figura del capo dello Stato riceva un’investitura diretta dei cittadini.
Aldo A. Mola