Le elezioni amministrative portano scritti in calce nome e cognome del principale perdente: Giorgio Napolitano.
E’ lui, autoproclamandosi capo di una Repubblica presidenziale senza mandato popolare, nominando un tecnocrate europeo prima senatore a vita e poi capo del governo, delegittimando la protesta come “antipolitica”, ammaestrando quotidianamente gli italiani su ciò che dovrebbero o non dovrebbero essere, dovrebbero o non dovrebbero fare, a prendersi lo schiaffo più sonoro.
In seconda battuta, tanto per non lasciare dubbi, la batosta è toccata al “suo uomo” Mario Monti. Poiché metà degli elettori non ha votato, e una buona fetta dell’altra metà ha scelto le liste di protesta, l’attuale “sacra unione presidenziale” non è più legittimata a governare: potrà farlo solo da posizioni difensive e residuali.
Il guaio è che l’alternativa politica a tutto ciò non si vede: tanto meno può esserlo un Beppe Grillo che si dichiara convinto di aver conquistato Stalingrado (!) e di sentirsi in marcia per Berlino (!?), rivelando come in un lapsus freudiano di credersi un soldato dell’Armata Rossa con qualche decennio di ritardo sui gulag. E’ tempo di ricordare che il valori dei Comitati per le Libertà: libero mercato, diffusione delle libertà democratiche nel mondo, federalismo e democrazia diretta, sono ancora gli ideali dinamici e propulsivi capaci di farci ripartire tutti.
Gaston Beuk
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