Con la legge (approvata da tutti i partiti) sull’equo compenso per i professionisti si sono in pratica cancellati tutti i passi verso il libero mercato che erano iniziati nel lontano 2006 con le “lenzuolate” di Bersani.
Sono così tornate le tariffe obbligatorie di una volta con tanto di decreto ministeriale che le fissa e un Osservatorio Nazionale sull’Equo Compenso.
È una decisione aberrante per un liberale che ritiene che sia il mercato attraverso la legge della concorrenza a trovare un giusto punto di equilibrio.
Infatti lo stabilire non un prezzo minimo che possa garantire un reddito fondamentale ma decidere un valore “proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto” e “al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale” (citazione testuale dell’art 1 della legge) significa che il prezzo della prestazione viene stabilito da qualche burocrate del ministero: un sistema non molto diverso dalle corporazioni medioevali in cui il prezzo veniva stabilito, per lo meno, dall’assemblea dei soci. Questo implica, ovviamente, un limite all’ingresso dei giovani che possono praticare prezzi inferiori e un ostacolo a quella fusione tra studi troppo piccoli e mai associati che ormai è normale nei Paesi avanzati. È il trionfo degli studi tradizionali (altrimenti definibili “incumbent”), dell’immobilismo delle lobby e delle rendite di posizione: quelle cioè che hanno il controllo del parlamento.
Se invece si considera l’opinione di chi considera che il mercato è tutt’altro che libero e, anzi, controllato da lobby e poteri occulti, anche così la norma non ha senso.
Perché non fissare per legge prezzi che interesserebbero molti più cittadini quali i tassi di interessi di mutui e banche o gli stipendi di metalmeccanici o commessi dei supermercati?
Perché non stabilire un compenso equo per i riders che hanno compensi da fame e farlo per gli avvocati che certo non hanno problemi per mettere insieme pranzo e cena?
La risposta è purtroppo chiara: la lobby degli avvocati e dei professionisti in genere è la più forte ed è in grado di condizionare le scelte della politica.
Una prova in più di come solo un mercato libero ed efficiente possa contrastare una gestione opaca e interessata della politica.
di Angelo Gazzaniga