Chi pensa alle lezioni della storia?
Un uomo è arrivato al potere dopo libere elezioni, chiamato dal capo dello Stato, con un governo in cui c’erano anche ministri liberali in modo perfettamente legale. In breve ha trasformato il proprio Paese in uno stato di polizia: una nuova legge elettoraleche favorisce un unico partito, arresti di oppositori (e anche un omicidio), creazione di una milizia autonoma che risponde solo al partito, assunzione di diversi ministeri importanti, piazze riempite di folle esultanti, il potere legislativo e giudiziario succubi dell’esecutivo, politica estera aggressiva.
Tutti noi risponderemmo facilmente: è il ritratto di Mussolini… e invece stiamo parlando di Erdogan.
È davvero difficile cogliere differenze tra il comportamento dei due: attualmente in Turchia 50.000 persone sono state arrestate; 100.000 rimosse fai loro incarichi dopo il golpe del 2016; nell’indice di applicazione della legge la Turchia è al 101° posto su 117; 150 giornalisti sono in carcere; qualsiasi dichiarazione pacifista è considerata tradimento eccetera.
Eppure Erdogan è il leader che in questi giorni è stato accolto con tutti gli onori in Europa (Italia e Vaticano compresi). Va bene la “Realpolitik” perché la Turchia è un bastione contro l’immigrazione clandestina o perché è un punto fermo verso un Medio Oriente sempre più ingovernabile, ma anche la difesa di quei diritti di libertà, garanzie costituzionali e certezza del diritto che sono parte essenziale delle democrazie occidentali e di cui noi siamo tanto orgogliosi dovrebbe essere parte integrante dei rapporti con Erdogan.
Altrimenti rischiamo un altro confronto parallelo con la storia del secolo scorso: quella Conferenza di Monaco in cui le potenze democratiche sacrificarono la democratica Cecoslovacchia agli appetiti di Hitler per salvare la pace. Con i risultati che tutti ben conosciamo.
di Angelo Gazzaniga