Erdogan e Putin due alleati imbarazzanti
Mettiamo che ci sia qualcosa di vero nella denuncia del presidente russo Vladimir Putin: il suo omologo turco, Recep Tayyip Erdogan, avrebbe fatto affari petroliferi, personalmente e attraverso membri della sua famiglia, con gli islamisti dell’Isis. Supponiamo che ci sia qualcosa di vero nella controaccusa di Erdogan al suo omologo russo: anche il regime di Putin, tramite i suoi amici oligarchi, avrebbe fatto affari petroliferi con l’Isis al fine di aiutare il suo sanguinario alleato Assad – e con lui gli hezbollah filo iraniani e probabilmente Hamas. Che cosa induce a pensare tutto questo?
Primo: che tutti e due – Erdogan e Putin – si comportano secondo le classiche regole della ragion di Stato: prima vengono gli interessi, poi i princìpi, anche a costo di contraddizioni e imbrogli.
Secondo: entrambi mirano, ancora secondo le regole ottocentesche delle grandi potenze, ad accrescere le rispettive zone di influenza e ad acquisire – in termini moderni – leaderhip geopolitiche regionali.
Terzo: sia Vladimir che Recep conoscono bene un’altra vecchia tecnica: creare un nemico e far vedere i muscoli per accrescere e compattare il consenso dei propri popoli.
Fin qui, insomma, niente di nuovo sotto il cielo della politica; ma il peggio deve ancora venire.
Perché la quarta somiglianza fra i due è purtroppo attualissima e inquietante: entrambi stanno completando un percorso che li ha portati a far nascere regimi autoritari dalle ceneri di quelli sostanzialmente democratici che li hanno preceduti. Che significa autoritari? Che non perseguitano i singoli individui, imponendo loro fino in camera da letto una verità di Stato e punendoli con la morte se osano esprimere un dissenso. Ma concentrano tutto il potere nel loro partito ed escludono gli altri da qualsiasi ruolo politico, pur lasciandoli formalmente in vita,. Censure, arresti, attentati contro gli avversari e attacchi propagandistici senza diritto di replica sono la realtà della Turchia e della Russia di oggi.
Tutto qui? No, purtroppo. Perché i regimi autoritari di Erdogan e Putin si reggono anche sul consenso di movimenti interni già apertamente totalitari. Nostalgici del’imperialismo comunista sovietico e di quello islamista ottomano; aggressivi all’esterno e intolleranti all’interno, sprezzanti delle regole democratiche, fedeli a ideologie che mescolano religione, sangue, suolo e volontà di potenza, inclusa l’espansione territoriale.
E questi sarebbero due desiderabili alleati nella lotta internazionale all’Isis, come sostengono Renzi e Berlusconi? Una tesi che farebbe ridere se non rischiassimo di andarci tutti di mezzo.
Dario Fertilio