Due proposte su temi da discutere nell’ambito dei cattolici: la parità dei sessi e il controllo delle nascite
Sembrano ormai sbollite col tempo le bravate di alcuni sindaci, Merola a Bologna, Marino a Roma, Pisapia a Milano che hanno preteso di accettare i matrimoni tra persone del medesimo sesso ammessi all’estero. Anche se sarebbe stata una pura e semplice trascrizione di atti compiuti altrove, non si vede a che cosa sarebbe servita questa omologazione in un Paese in cui le conseguenze giuridiche non ne sarebbero riconosciute. Ma per fortuna a questo problema senza dubbio enorme sembra ormai profilarsi una equa soluzione, attraverso l’adozione di un trattamento di parità di diritti, ereditari, pensionistici, sanitari, per le coppie omo, rispetto alle coppie eterosessuali unite col vincolo matrimoniale. E’ il massimo di concessione che si può raggiungere in un Paese come il nostro, in cui la religione cattolica mantiene pur sempre una notevole massa di praticanti, a cominciare dallo stesso premier Renzi.
Se è difficile attendersi una qualche tolleranza, in questa materia di eventuali matrimoni gay, da parte del nostro premier, assai meno ne può venire da parte di un papa in apparenza morbido e concessivo come Francesco, il quale ovviamente è limitato da paletti dogmatici insuperabili. Caso mai, a voler mettere alla prova un suo reale aperturismo, al di là di atteggiamenti meramente psicologici di benevolenza concessiva, ci sarebbero due campi in cui la Chiesa cattolica potrebbe fare forza a certi canoni in apparenza inappellabili. Per esempio, visto che da tempo l’intero suo insegnamento insiste sulla assoluta uguaglianza tra uomini e donne, perché non concedere anche a queste la dignità del sacerdozio? Dove sta un impedimento a compiere questo passo? Il fatto che nei Vangeli compaia un Cristo circondato da seguaci soltanto di sesso maschile? Ma qui si entra nell’ambito di convenzioni proprie di una certa età storica, allora insuperabili, ma poi del tutto scavalcate. Sarebbe come vincolarsi ancora al geocentrismo, in omaggio alla lettera delle Sacre scritture. E dire che la Chiesa cattolica avrebbe tanto bisogno di ammettere al sacerdozio la componente femminile, per compensare la sempre più grave crisi di vocazioni in campo maschile.
Ma forse un Papa davvero aperturista potrebbe allargare i lacci dogmatici di un altro divieto che pesa forte, sulle possibilità per la Chiesa di stare al passo coi nostri tempi. Si pensi al controllo delle nascite. Basterebbe che la Chiesa condannasse l’egoismo delle coppie regolarmente sposate a non fare figli, per poter mantenere un più alto tenore di vita. Sarebbe sufficiente ribadire che è obbligo per una coppia osservante dare un contributo alla procreazione, alla continuità della specie, ma lasciandola però libera di programmare il numero di nascite compatibile con le proprie possibilità economiche. Si dovrebbe cioè porre termine all’iniqua pretesa per cui ogni accoppiamento dovrebbe essere generativo, considerando altrimenti colpevole il ricorso ai piaceri del sesso. Da qui, come è noto, la severa proibizione da parte del cattolicesimo di ogni pratica contraccettiva, che invece urgerebbe predicare con forza nei paesi sottosviluppati, come atto umanitario contro un eccesso di prole destinato a crescere nella fame, nella malattia, nelle mancanze di ogni genere. Una sana predicazione dovrebbe invitare a commisurare l’atto procreativo con le possibilità reali di tirar su la prole in modo dignitoso.
Renato Barilli