Il cristianesimo ci ha insegnato a concepire l’idea che Dio sia un uomo, un maschio. Probabilmente questo è accaduto perché qualcuno ha ritenuto di attribuire a Dio sembianze antropomorfe, generando un malinteso. Andiamo quindi a rispolverare l’etimologia della parola antropomorfo. In greco antico con il termine ánthropos (άνθρωπος – ανθρώπου) si identifica l’uomo in quanto creatura appartenente al genere umano. Quindi, per correttezza, dovremmo coniare un neologismo e definire il dio venerato dai cristiani “andromorfo”, in quanto andrós (ἀνήρ – ἀνδρός) è il vocabolo che identifica l’uomo in quanto essere umano di sesso maschile. Percorrendo la stessa linea di ragionamento, il mio professore di letteratura mi fece notare che la lingua italiana contempla un termine per identificare un uomo che odia le donne (anche questo di derivazione greco antica), ma non c’è modo di definire con una parola colei che prova odio nei confronti degli uomini. Esistono infatti il misogino ed il misantropo, ma non la “misandra”. Ancora una volta, seguendo l’etimo, scopriamo che il misantropo è colui che odia il genere umano, non i maschi. La stessa logica ha indotto qualcuno a muovere dubbi sul sesso degli angeli, ma mai alcuna perplessità in merito a quello di Dio.
I compromessi
Tra le righe leggiamo che si tende a considerare l’uomo migliore della donna. Può darsi e non sarò io a discutere la supremazia dei maschi, anche perché non sempre condivido il modo in cui molte colleghe donne conducono la loro personalissima lotta per la sopravvivenza. Devo però dire che la scelta di non scendere a compromessi, lascia presagire un futuro pieno di difficoltà per le rappresentanti del gentil sesso. Molte volte mi è capitato di sentire donne lamentarsi del fatto che non sia sufficiente fare un buon lavoro per emergere tra gli uomini. Bisogna rispettare standard fuori dal comune per farcela, fronteggiando quotidianamente l’ansia da prestazione ed una tensione ai limiti del sopportabile. Poi c’è la casa, ci sono i figli e tutti i compiti che risultano essere convenzionalmente di pertinenza delle donne. Quindi, spesso, bisogna decidere tra la carriera e la famiglia, come ha efficacemente testimoniato Anne-Marie Slaughter, la prima donna a capo del “Policy Plannig” del dipartimento degli affari esteri USA. Anche perché sul posto di lavoro si tende a considerare la donna con figli come un ostacolo alla produttività (prima o poi qualcuno mi spiegherà perché per l’uomo non valga la stessa regola).
Il potere
Non parliamo, poi, delle donne che ambiscono ad una posizione di potere! Senza un marito influente alle spalle praticamente non hai possibilità di sfondare. Per riuscirci devi sposare uno che conta, portartelo a letto all’occorrenza, o diventare ufficialmente la sua amante. Quante Hilary Clinton sarebbero Hilary Clinton se avessero sposato un giardiniere, un idraulico o un semplice impiegato? D’altronde, restando in tema, il buon Bill sapeva bene come comportarsi con le stagiste alla Casa Bianca e, per quelli come lui, c’è sempre qualcuna incline a strisciare sotto i tavoli. Questo atteggiamento è ciò che a mio avviso rende noi donne realmente inferiori, delle squallide arriviste dotate di grande senso pratico, ma di scarsa fiducia nelle proprie capacità intellettuali. Per fortuna ci sono le quote rosa, a vantaggio di noi poverette che non possiamo permetterci di avere ambizioni, a meno che la legge non lo imponga esplicitamente. Prevedo che presto, in conformità all’atteggiamento politically correct con il quale spesso si pretende di risolvere le discriminazioni, sostituiranno il termine donna con il meno offensivo “diversamente uomo”.
La violenza
Purtroppo non è così semplice, perché le questioni importanti non si risolvono con la semantica o con le imposizioni. L’atteggiamento maschilista imperante, la convinzione che le donne siano esseri inferiori, porta disagio e violenza. Il recente caso di cronaca delle due ragazze aggredite nel portone di casa a Palermo ha finalmente sollevato un grosso problema. In Italia muore ammazzata una donna ogni tre giorni. Spesso, come nel caso citato, perché un uomo non vuole rassegnarsi ad un rifiuto o alla fine di una storia. Il pugnale dell’assassino significa “Se non posso averti io, non può averti nessun altro”. Infatti, a Palermo la sorella della vittima designata ha perso la vita, nel tentativo di difenderla dalla furia dell’aggressore. Ma per quanto il sacrificio sia valso a salvarla dalla brutalità di venti coltellate, il volto della sopravvissuta resta brutalmente sfregiato da una smania di possesso che ha profonde radici culturali. Quando un uomo crede di essere molto simile a Dio, accade che presuma di avere diritto di vita o di morte sulle creature di sua esclusiva proprietà. La scusa per incolpare le donne di qualche misfatto, d’altronde, è vecchia come il Genesi: un motivo ci sarà se il serpente propose la mela proprio ad Eva e non direttamente al suo compagno …
Anna Rita Chitera