La signora Laura Castelli, neoparlamentare grillino, apre il dibattito sul futuro dell’Italia in relazione all’Euro. È nota la posizione critica del Movimento nei confronti della moneta unica, ma per la prima volta in questi giorni si parla di soluzioni ed eventuali alternative. Le vicende cipriote e la débâcle economica hanno reso in larga parte impopolare l’euro presso l’opinione pubblica, forse oggi come non mai. Io stessa, che nel mio fervore giovanile, ero entusiasta dell’Unione Europea e applaudivo il debutto della nuova moneta, devo ammettere che con il tempo e l’esperienza ho dovuto rivedere le mie posizioni. Non posso che ricordare con ammirazione le parole di Oriana Fallaci la quale, in tempi decisamente non sospetti, definiva l’UE “un esclusivo club finanziario”. Ecco: all’epoca mi sembrava un’esagerazione colma di sarcasmo, ma oggi posso affermare con certezza che non avrei saputo scegliere un’espressione migliore. Tuttavia non voglio e non posso, per mancanza di competenza in materia economica, giudicare come sia più opportuno muoversi, data la situazione. Conviene ballare, giacché siamo in ballo? Oppure sarebbe più opportuno farla finita? Fare della dietrologia del tipo: “Non avremmo dovuto aderire, come fece il Regno Unito!” mi sembra sciocco, anche perché ho appena confessato il mio antico entusiasmo per l’avvento della moneta unica. Posso solo analizzare una situazione e constatare che il nostro è un problema vecchio e risiede nelle ben note consuetudini italiane. Nel senso: credo che la percezione di star meglio all’epoca della Lira fosse collegata al fatto che la debolezza della nostra moneta ci facesse gioco, favorendo le esportazioni. Lì per lì la cosa era chiara agli addetti ai lavori, ma la maggior parte di noi non vedeva questa evidenza. Si credeva che affidandoci ad una moneta più forte avremmo avuto una maggiore stabilità economica. Ma erano discorsi di persone semplici, di profani. Per molti di noi sentir parlare di moneta debole equivaleva ad identificare un potenziale pericolo. Non vedevamo, per esempio, che il cambio favorevole per gli americani era un incentivo a comprare da noi. Non ci rendevamo conto che il valore dell’euro avrebbe penalizzato l’export. L’Euro era forte e, di conseguenza, ci siamo convinti che saremmo stati economicamente più forti anche noi. Invece, sin dalle prime battute, è stato chiaro che il costo dei beni è raddoppiato, mentre la conversione in Euro delle retribuzioni non ha seguito la stessa tendenza. E a quel punto già si iniziava a far fatica, ma eravamo ancora fiduciosi. Invece era l’inizio di una sorta di ristagno economico, aggravato dalla crisi delle esportazioni e, alla fine, dall’esplosione del bubbone subprime. A questo punto, eccoci qui a domandarci se mai ne usciremo e come. Davvero è l’Euro la causa di tutti i nostri mali?
Il Movimento 5 Stelle ha annunciato che sta mobilitando un team di esperti, alla ricerca di una soluzione. Stando a quanto anticipato da Laura Castelli, si tratterebbe di analizzare la situazione attuale per avanzare eventualmente proposte di riforma dei trattati europei in materia economica. Inoltre si valuterebbe la proposta di introdurre una seconda valuta in Italia. Idea questa che, da profana, mi sembra davvero scioccante. Si tratterebbe forse di una soluzione da considerare quantomeno ardita, in un frangente simile. Tuttavia, dal momento che il M5S ha indicato le linee guida che orienteranno le valutazioni dei tecnici, non resta che attendere il loro responso oracolare. Prima, però, siamo curiosi di conoscere i nomi dei componenti di questa commissione, nella speranza che possa emergere quella competenza, il cui valore potrebbe risultare più elevato di qualsiasi altra moneta nella lotta alla crisi. Infatti, per ora, posso solo dire che la proposta realmente degna di lode sia quella di consultare una selezione dei migliori, dei più competenti in materia, per approdare ad una soluzione sensata. In questi anni, infatti, abbiamo imparato a familiarizzare con il termine “eccellenza”, senza riuscire a sperimentare nei fatti cosa ci sia in Italia di realmente “eccellente”. Se si riuscisse ad affidare incarichi ad una cerchia di veri esperti, senza ricadere nel tranello delle clientele che promuove i soliti fanfaroni, potrebbe essere un buon inizio. Magari così facendo si attiverebbe un sistema virtuoso in grado di far rientrare il capitale umano di valore approdato in altri lidi, alla ricerca di gratificazione e di un futuro che l’Italia di oggi non è in grado di garantire.
Anna Rita Chitera