Il “caso Finmeccanica” è emblematico di quel che succede quando lo Stato fa cose che non sono di sua competenza: in questo caso, l’imprenditore.
Si è parlato di tangenti: ma le tangenti sono, probabilmente, un aspetto dell’economia che è sempre esistito sotto tutte le latitudini e sotto tutti i sistemi economici.
Ci sono tangenti di tutti i tipi: dalle tangenti legate a lavori utili, portati a termine in tempi giusti e in maniera corretta, (come spesso accade anche in paesi con grande tradizione di correttezza, trasparenza ed efficienza) alle tangenti relative a lavori inutili, che vengono commissionati solo per poter incassare la relativa tangente (come accade spesso da noi).
Nel “caso Finmeccanica” si è andati molto più in là rispetto alle tangenti: si è creato un sistema che portava (… o meglio porta) a elargizioni a partiti e singoli uomini politici con un solo scopo: assicurarsi una nomina o la permanenza in posti di dirigenza di una società che, anche se nominalmente è una società di diritto privato, è diretta dalla Stato in quanto principale azionista.
Questo significa che il danno procurato a tutti noi cittadini (in quanto parte dello Stato) è molto più grave: si è creato non solo un danno diretto distogliendo fondi dirottati illecitamente in favore dei partiti, ma si è creato un ben più grave danno indiretto lasciando una società tra le più importanti dell’economia italiana in mano a dirigenti nominati non per meriti o capacità, ma per la loro sudditanza nei confronti di chi li ha fatti nominare e li ha mantenuti al loro posto. E ben sappiamo quanto questa sudditanza sia nociva nei confronti di una buona gestione aziendale.
Ci sorge spontanea una domanda: siamo proprio sicuri che la crisi attuale di alcune società del gruppo (basti pensare all’Ansaldo-Breda) sia dovuta esclusivamente alla crisi dei mercato, e non anche a dirigenti attenti più alle esigenze dei loro patroni che al funzionamento della propria azienda?
La soluzione, come da sempre propongono i Comitati, è quella di avere uno Stato snello, efficiente che si occupi di quelle che sono le sue competenze: fornire servizi ai cittadini. E non uno stato che faccia, male, ciò di cui non è capace: l’imprenditore.
Uno Stato con un vero libero mercato, un federalismo, un sistema elettorale che favoriscano la democrazia diretta: cioè la partecipazione e il controllo il più possibile capillare dei cittadini che devono sentirsi non più sudditi né spettatori, spesso giustamente indignati, di giochi che si svolgono al di sopra delle loto teste.
Angelo Gazzaniga
Portavoce dei Comitati per le Libertà