In Italia mancano sempre più gli investimenti dall’estero, carburante indispensabile per la ripresa economica.
Dopo una riforma costituzionale bocciata, una proposta di legge elettorale pasticciata e oscura quant’altri mai, il suo subitaneo affossamento, elezioni ormai sicure a settembre e poi rinviate con l’accordo di tutti all’anno prossimo, come possono vedere gli investitori esteri gli investimenti in Italia?
La risposta, semplice quanto evidente, sta nelle cifre: nel 2000 la percentuale di debito pubblico in mano a investitori esteri era di oltre il 60%; nel 2010 del 52%; ora siamo a circa 800 miliardi, cioè il 37% del totale. È evidente che c’è una continua fuga di capitali esteri dall’Italia: massiccia dal 2010 ai primi 2012, quando l’Italia sembrava ormai sull’orlo del fallimento, strisciante, ma da mesi in aumento, negli ultimi periodi. Acquisti dall’estero in questo periodo: nessuno.
È un giudizio impietoso e purtroppo incontestabile. Debito pubblico stabile attorno al 130%, frammentazione politica, incapacità di darsi una legge elettorale presentabile, elezioni incerte nei tempi e nei risultati, riforma della burocrazia fallita, magistratura dai tempi biblici: come si possono contestare questi elementi di giudizio?
Senza poi contare che dal punto di vista tecnico un investitore straniero preferirà comunque acquistare un’obbligazione Goldman Sachs (con la tripla A) che offre un rendimento del 3% piuttosto che un BOT italiano (valutato con la tripla B) che offre un 2%.
Da notare poi che gli stessi investitori italiani si stanno allontanando dai titoli pubblici che, ormai, sono per buona parte in pancia alle banche: altro elemento di debolezza del sistema bancario italiano.
Che fare allora? Una vera e grande riforma di burocrazia e magistratura, una spending review non solo di facciata che permetta di ridurre il debito pubblico, scelte politiche chiare e coraggiose.
Una possibilità ci è data dalla UE che sembra ormai decisa a permettere all’Italia una manovra correttiva di soli 5 miliardi anziché di 15: utilizzare queste risorse per una effettiva politica di espansione economica e di investimenti anziché nelle solite mance e mancette a pioggia tipiche di un periodo preelettorale. Prima che la Bce inizia a ridurre gli acquisti di titoli di Stato e rialzare il costo del denaro potrebbe essere un segno di serietà e di impegno che possa ridare fiducia agli investitori esteri. Perché senza di loro non andiamo da nessuna parte.
di Angelo Gazzaniga