Gli angeli non esistono (o forse sì?)

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Una testimonianza personale della pittrice Maria Luisa Alesina

Il tredici di dicembre è un anno esatto che mio marito Walter ci ha lasciati per sempre. Sono giorni molto tristi. Rivivere la perdita di una persona che ci ha fatto compagnia “nella buona e nella cattiva sorte” per cinquant’anni, è devastante. Sfoglio l’album dei ricordi e immancabilmente torno all’inizio del nostro incontro e alle immagini della nostra bella gioventù, al nostro amore fatto di passione e di tenerezza. La morte, nella sua terribile violenza ci consente, tuttavia, un ritorno, annullando il tempo, concedendoci il balsamo della memoria. Ma fra i tanti episodi che hanno caratterizzato la nostra vita in comune, quello che più m’inquieta è legato all’ultimo periodo, ed esattamente ad un mese prima della sua morte.
Accompagnati da mia figlia Cristina ci eravamo recati, come ogni anno, al due di novembre, al cimitero a far visita ai miei suoceri, i genitori di mio marito, deceduti parecchi anni fa. La sistemazione dei fiori era affidata sempre a mio cognato, fratello di mio marito, ed a me. Di fronte alla tomba infiorata, guardavamo con mestizia e tenerezza i volti dei nostri cari, commentando alcuni momenti della loro esistenza: i soliti commenti che accompagnano queste significative ricorrenze. Improvvisamente comparvero due donne, una di circa cinquant’anni e un’altra più giovane che poteva avere non più di trent’anni. Si fermarono presso di noi e la giovane indicò con una mano la parte sinistra della lapide dove campeggiava la fotografia di mio suocero. Mi venne spontaneo chiedere se avessero conosciuto i famigliari di mio marito. La giovane scosse solo la testa in forma di diniego, ma con un sorriso dolcissimo, mentre la più anziana, che seppi dopo essere la madre, ci disse che era loro consuetudine far visita ai defunti, nel giorno ad essi dedicato, per portare conforto e aiuto a persone che ne avessero avuto bisogno. Non avevano parenti da commemorare, ma svolgevano questo compito a favore di chi ritenevano destinatari di un messaggio particolare. La madre parlava come se interpretasse i pensieri di quella dolce figlia silenziosa. Ci raccontò che la figlia, a seguito di un incidente, era rimasta in coma per anni e commentò: “E’ un angelo!” Poi si rivolse ancora a mio marito, il quale sembrava essere il destinatario del loro intervento. Indicò la parte della lapide, come aveva fatto la figlia poco prima, e disse a mio marito: “Questo è il suo posto”. Io intervenni, anche un po’ seccata oltre che turbata e risposi “Cosa sta dicendo, questo è la tomba del papà di mio marito. Non vede la foto, il nome e la data della morte”. Sorrisero e poi la madre proseguì, rivolta ancora a mio marito. “Lei deve avere molta fede, preghi, preghi tanto!”
Eravamo perplessi, cosa intendevano con quelle parole, cosa volevano farci capire? Mio marito che è sempre stato un ottimo parlatore, cercò di continuare il dialogo con quelle due strane donne, ma anch’egli non riuscì a intuirne lo scopo e tantomeno il significato del loro insolito comportamento. Alla fine ci salutarono e scomparvero. “Che strani personaggi che si incontrano, anche qui!” Questo fu il nostro unanime commento. Ma ogni tanto mio marito riparlava dell’episodio, come se passando i giorni, invece di dimenticare le parole di quelle due donne, egli ripensasse a quelle frasi con più insistenza. Una sera lo trovai seduto sul letto, in silenzio, quasi in trance e gli chiesi: “Cosa stai pensando?” Egli mi rispose “Sto pregando”. Non era mai stato un baciapile, anzi un buon peccatore, un po’ tanto godereccio in alcuni momenti della sua vita, anche se la vita gli aveva poi riservato, come a me, grandi dolori. Forse in certi momenti prevale in noi un istinto quasi animalesco che ci fa presagire che il momento tanto paventato stia per giungere, perché egli mi faceva costantemente delle raccomandazioni, e un giorno mi disse che era suo desiderio essere sepolto nella terra, ma vicino ai propri genitori. “Perché fai questi discorsi?” Lo redarguivo. Era sempre stato un uomo forte e, malgrado le sue recenti malattie, lo giudicavo indistruttibile. Mi adombravo, e sempre per lo stesso istinto animalesco, ma al contrario, rifiutavo di prendere in considerazione tale eventualità. Facevo come gli struzzi, nascondevo la testa per non vedere.
Purtroppo l’inevitabile giunse e prima di ogni previsione. Il giorno dell’Immacolata, l’otto di dicembre, mio marito cadde e dopo solo 24 ore entrò in coma e dopo tre giorni ci lasciò, attoniti ed increduli. Non potemmo esaudire il suo desiderio e fu cremato e, con il benestare di suo fratello Sandro, l’urna venne deposta ai piedi del papà, proprio nel punto indicato dall’Angelo o… da chi? Il posto vicino alla mamma sarebbe stato occupato da mio cognato, secondo un suo esplicito desiderio. Così sarebbero stati ancora insieme, tutti riuniti come all’origine.
Mi capita spesso, ogni volta che vado a trovarlo al cimitero di ripensare a quell’episodio, e se non ci fosse mia figlia Cristina a testimoniarlo, potrei pensare di aver sognato. Ma è tutto vero. Da persona di fede credo che gli Angeli, che ci accompagnano quaggiù, non hanno le ali, vesti lunghe e candide, ma si manifestano sotto le spoglie di comuni mortali, proprio simili a noi. Forse li abbiamo al fianco e, nel nostro sfrenato egoismo, non li riconosciamo più.

Maria Luisa Alesina
pittrice, vive a Milano e si riconosce nella poetica del chiarismo, che risale agli anni trenta. Molte sue opere, spesso di argomento sacro, si ispirano alla valle Stàffora, nell’Oltrepo’

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