Quale rapporto tra politica e religione per un liberale?
Il Frequentemente si assiste a notizie di precettistica e casistica varie prescritte allo Stato italiano e ai suoi istituti da gesuiti e prelati del più alto profilo. Bisogna, tuttavia, ricordare che il fondatore della nostra scienza politica, Machiavelli, già nel capo VI del “Principe” ammoniva: “E’ necessario pertanto, volendo discorrere bene questa parte, esaminare se questi innovatori stanno per loro medesimi o se dipendono da altri: cioè se per condurre l’opera loro bisogna che preghino, o vero possono forzare”. La “azione” dei principati è la virtù machiavelliana per eccellenza (J. G. A. POCOCK, “Il momento machiavelliano”, del 1975, 2 voll., ed. it., Il Mulino, Bologna 1980, I, p. 353 ). Per ciò stesso, “Gli stati non si governano con i paternoster”, è la espressione storicamente attribuita a Cosimo de’ Medici, che Savonarola detestava e Machiavelli, invece, spesso riprende nella sua peculiare interpretazione “virtuosa” del cristianesimo, ad esempio nei “Discorsi”, al capitolo 26 del I° libro. Ad esempio, Filippo il Macedone e, prima di lui, Davide, “che è secondo i Vangeli antenato di Gesù”, sono casi emblematici di “profeta armato”. Sul precedente di Luca, I, 53, e altre, Machiavelli chiarisce poi nelle “Istorie fiorentine”, VII. 6: ” ..e che gli stati non tengono co’ paternostri in mano: le quali voci dettono materia a’ nimici di calunniarlo, come uomo che amasse più se medesimo che la patria, e più questo mondo che l’altro”. Savonarola, all’opposto, scrive intimando: “Perché gli Stati de’ veri cristiani si reggono con l’orazione e col ben fare, e non è vero quel che dicano ‘e
pazzi e cattivi, che lo Stato non si regge co’ paternostri. Questo è detto di tiranni e non di veri principi” ( cfr. il “Trattato circa el reggimento e governo della città di Firenze”, ed. di Luigi Firmo, Belardetti, Roma 1965, p. 134 ). Si vuol dire, cioè, che, se resta vero il crociano “Perché non possiamo non dirci cristiani” ( quanto alla origine etica e coscienziale del momento religioso ), del resto accolto nel recente “Come se Dio ci fosse” di Maurizio Viroli, altra cosa risulta essere la decisa ingerenza del potere ecclesiastico nelle materie e sfere
di decisa competenza dello Stato ( es.: immigrazione, forme di sussidiarietà, interventi in ambito legislativo a vario titolo, e via ). Giovanni Spadolini chiedeva il “Tevere più largo”. Ora si ricava netta l’impressione di una tendenza al “prosciugamento” – per così dire – del Tevere, soppiantando la “misericordia” alla virtù pallina e trascendentale della “carità” ( Cor, I, 13, 1-13 ). Nel qual ambito, si raccomanda di far sempre attenzione a quelli che il grande poeta Th. S. Eliot chiamava in “Chorus on the Rock”, “the Empty Men”, gli “uomini vuoti” ( leggi, forse e senza forse: leaders politici, senatori del Senato degli animali e della varie baronie locali, malversatori del falso assistenzialismo, e via discorrendo ).
Giuseppe Brescia