Quando dalle promesse occorre passare ai fatti, nascono i problemi…
Su tutti i grandi progetti (e problemi) che riguardano le grandi infrastrutture progettate in Italia regna la più grande confusione: un giorno si proclama che si faranno, il giorno successivo che non se ne fa più niente; un ministro è favorevole, l’altro contrario…
Niente di più adatto a dare, soprattutto a governi e investitori di Paesi esteri, l’impressione di caos. Quale investitore sarà mai disposto a impegnarsi in una nazione in cui prima si fanno le gare, poi si prolungano i termini, si modificano le regole in corsa e, una volta aggiudicata la gara, si rimette tutto in discussione (caso Ilva docet)?
In questi ultimi giorni c’è stato anche il caso TAV: un progetto discusso e contestato all’infinito. Dopo che erano state apportate notevoli modifiche al progetto sembrava che tutto cominciasse ad andare per il verso giusto; ma i 5Stelle si sono messi di traverso non tanto per motivi tecnici quanto per soddisfare i desiderata della loro base elettorale.
In questo caso:
- dovremmo restituire i prestiti già concessi (e impegnati) da UE e Francia che coprono per ora il 75% degli importi: dovremmo cioè restituire il triplo di quanto investito dall’Italia
- ci sarebbero penali da pagare alle imprese costruttrici
- dovremmo pagare una penalità alla UE per aver interrotto lavori già decisi sull’asse Lisbona Kiev
- non potremo più accedere per 5 anni ai prestiti della UE per le grandi opere: ciò significa un blocco per almeno cinque anni dei grandi lavori in un Paese come l’Italia che destina agli investimenti in infrastrutture neppure l’1% del PIL
- ma soprattutto sarebbe tagliata fuori da uno degli assi portanti del trasporto europeo (il Lisbona-Kiev) un Italia che proprio sui trafori alpini (lo stesso Frejus, il Sempione…) è nata come Paese industriale ed europeo
Ma soprattutto negativa è l’immagine che questa classe politica dà dell’Italia: un Paese inaffidabile, incerto sul da farsi, senza progetti a lungo termine tranne il bloccare tutto, tesa in primis a mantenere il consenso dei propri elettori.
Sappiamo quanto sia difficile trasformarsi da macchina elettorale a partito di governo, ma sappiamo anche che è una trasformazione necessaria per tutti: occorre saper scegliere tra quello che si vorrebbe fare e quello che si può fare; tra quello che chiedono i propri elettori e quello che è utile a tutti il Paese.
Il caso TAV ne è un esempio.
di Angelo Gazzaniga