Finché l’estremismo sarà così forte, l’Italia non andrà da nessuna parte. C’è un sottile filo rosso che lega massimalismo socialista del primo Novecento, Partito comunista e il Movimento di Peppe Grillo. La strana ‘liaison’ non è rappresentata dagli ideali ma dall’atteggiamento verso l’avversario politico, considerato a tutti gli effetti un nemico da abbattere.
Il massimalismo socialista, e poi il comunismo, negavano qualsiasi collaborazione con i governi ‘borghesi’, aspettando la rivoluzione della classe operaia che avrebbe spazzato via l’ordine esistente. Peccato, però, che mentre loro sbraitavano e maledivano nelle piazze, la classe operaia continuava a passarsela male. Furono molto più utili alla causa i cosiddetti riformisti, che decisero in vari momenti di appoggiare i governi definiti ‘borghesi’ in cambio di riforme che potessero migliorare la situazione delle classi più povere. Furono più utili ma bersagliati dagli calunnie dei massimalisti di turno, che li apostrofano, a seconda dei casi, come socialfascisti, socialtraditori o collaborazionisti.
E adesso la storia si ripete. Il Movimento 5 Stelle dovrebbe tenere presente che in Italia chi grida di più ha sempre riscosso un certo successo, ma non ha mai risolto neppure un problema del Paese. I grillini hanno scoperchiato alcuni scandali, e di questo va dato loro atto, ma per il resto si comportano esattamente come i loro predecessori: invece di confrontarsi e cercare di far passare le loro proposte maledicono e insultano, ma finora sono riusciti a combinare ben poco. Ultimo esempio le consultazioni con Matteo Renzi. Non sarebbe stato meglio che Grillo si presentasse con delle proposte e chiedesse a Renzi di sostenerle invece che mettere in scena una sterile contrapposizione? A questo punto il Movimento 5 Stelle è a un bivio: o dialoga con le altre forze per far approvare qualche legge utile al Paese, oppure continua nel suo inutile abbaiare alla luna.
Flavio Stilicone