HOTEL SHERATON: LE MANIE DI PERSECUZIONE DI CRAXI VISTE DA PINO CORRIAS

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Un’interpretazione psicologica della figura di Bettino Craxi

C’è una voglia matta di Bettino Craxi in giro per l’Italia. E questa non è una buona notizia.
Chi scrive non allude al film “Hammamet” che ha consacrato all’olimpo degli Dei Pierfrancesco Favino (meritatamente!), ma alla strana trasformazione de Il Venerdì de la Repubblica e dell’Espresso del gennaio 2020 rispettivamente alla voce “Essere Craxi” e “Quando gli Usa scaricarono Bettino”, dove si sostiene con tutta serietà che Bettino nell’inchiesta Mani Pulite fu vittima di un complotto ordito dall’Amministrazione Bush, la quale si sarebbe servita di Antonio Di Pietro – nel ruolo di “agente” della Cia: a scriverlo su l’Espresso è stato Fabio Martini, attribuendo a Di Pietro l’intenzione cospirativa di danneggiare Craxi fin dal 1991, con la complicità del console americano Peter Semler. Orbene, questa campagna revisionistica ad personam nei confronti dell’uomo più potente d’Italia dopo Benito Mussolini ha l’inaccettabile spregiudicatezza fantasiosa della narrazione dei Pomicino e Berlusconi, ed è inquietante che proprio due giornali tecnicamente anglosassoni come Il Venerdì e l’Espresso si prestino ad una simile deformazione della realtà: non condivisa peraltro dall’avvocato di intelligenza finissima Ferdinando Cionti, ex consulente giuridico dello stesso Craxi, autore di due libri bellissimi: “Il colpo di Stato” e “Il patto segreto di Tangentopoli” che rivelano il fumus persecutionis a danno di Bettino Craxi, perseguito per via giudiziaria grazie ad una supposta estorsione dell’allora pm Antonio Di Pietro al “mariuolo” Mario Chiesa, che con le Sette Sorelle non c’entra proprio niente: o ci dici dei tuoi rapporti con Salvatore Ligresti e Craxi, o ti teniamo dentro. Ma il punto è un altro: a parere di chi scrive, il Cinghialone di Hammamet avrebbe manifestato un disturbo di personalità che lo ha fregato: la cosiddetta “sindrome Marilyn, looking good feeling bad”: sembrare bene, stare male. Sindrome della quale si occupa recentemente la psichiatra Liliana Dell’Osso nella patobiografia dei personaggi famosi, tra cui i leaders politici.
Un senso ridotto della realtà accumunava Craxi a Mussolini e ne ha fondato la biografia umana e politica: cioè entrambi non erano capaci di ragionare sulle conseguenze delle proprie azioni, e non privilegiavano il ragionamento nel rapporto tra l’Io e l’Altro all’interno della categoria comune del “Cogito ergo sum” di Immanuel Kant= Penso dunque sono. Attenzione, perché questo rilievo personologico che integra Craxi con “Il profilo patobiografico di Benito Mussolini” a cura di Marcella Piazza e Beppino Disertori non è in contrasto con l’art. 111 Cost.: Craxi rimane innocente secondo il cosiddetto “giusto processo”. L’irrazionalità inquietante del “secondo Craxi” – quello senza la maschera della leadership distrutta ormai dalle monetine all’Hotel Raphael e dal Pio Albergo Trivulzio – è stata fotografata dal cronista di razza Pino Corrias, nel suo pezzo d’antologia del giornalismo cronistico “Quel pomeriggio di un giorno da Craxi”; un articolo che restituisce un’operazione verità in contrapposizione alle fake news dei giornali un tempo diretti da Eugenio Scalfari, e che ora tirano in ballo George Bush senior, l’ambasciatore Reginald Bartholomev e il console Peter Semler. La parola a Corrias:

“Il cielo era grigio. Il mare mosso. La spiaggia vuota. Bettino Craxi – quel pomeriggio di ottobre, anno 1996 – arrivò all’Hotel Sheraton di Hammamet su un fuoristrada nero guidato dal figlio Bobo, con mezz’ora di ritardo, la sigaretta accesa in una mano, il pacchetto vuoto nell’altra. Scese zoppicando. Indossava pantaloni blu, una camicia chiara, scarpe di tela. Dovevamo discutere di una intervista per Rai 2, su Mani pulite che stava per compiere cinque anni.
Andammo a sederci in una saletta dell’hotel, dove arrivarono di corsa due camerieri che lo chiamavano “Monsieur le President” e venne il direttore per un benvenuto con molti inchini. Lui ordinò un pacchetto di Marlboro e una bottiglia di acqua. I due camerieri e il direttore si dileguarono. Sedendosi mi disse che in quanto all’intervista voleva conoscere in anticipo le domande, riascoltare la registrazione delle risposte, decidere i tagli, approvare il montaggio finale.
Tutto qui? Non era l’inizio di una trattativa, erano le sue condizioni definitive. Perciò la questione venne risolta nei primi minuti, niente intervista. Ma siccome aveva voglia di parlare, quando arrivarono il cameriere, l’acqua e le sigarette, si mise comodo sulla poltrona rossa, concedendosi una lunga pausa: “Ora ti racconto come stanno le cose”. Senza alcuna esitazione disse che l’intera operazione di Mani Pulite era un complotto ai suoi danni, per fermare in primo luogo la sua corsa al Quirinale, e poi distruggerlo politicamente. Un pezzo del complotto era italiano, aveva la condiscendenza di Giulio Andreotti e dei comunisti di Achille Occhetto e Luciano Violante. Ma la fetta più grossa dell’operazione stava a Washington, dove il presidente Ronald Reagan aveva giurato di fargli pagare l’insubordinazione di Sigonella, quando i carabinieri schierati sulla pista dell’aeroporto siciliano impedirono alla Delta Force di catturare il palestinese Abu Abbas, responsabile del sequestro della nave Achille Lauro, atterrato su un aereo dirottato in volo dai caccia americani. Un atto di pirateria che avrebbe compromesso la sovranità italiana. E al quale Craxi, da presidente del Consiglio, si oppose alla fine di una giornata piena di colpi di scena.
Peccato che i fatti di Sigonella risalissero al settembre del 1985…
Ma Craxi scacciava le obiezioni con un piccolo gesto della mano, come si con le mosche. Disse che considerava Antonio Di Pietro metà poliziotto metà spione, in mano all’intelligence americana…”. E in questo passaggio, arriviamo alla negazione della realtà di cui soffriva Craxi: “E comunque i soldi erano un dettaglio di cui si occupava il meno possibile. Salvo usarli per solidarietà internazionalista, aiutare i palestinesi di Arafat a conquistare una patria, finanziare Lech Walesa e la sua Solidarnosc in lotta contro l’oppressione comunista di Mosca. Non era un tesoriere di spiccioli, ma uno statista dedito all’alta politica. Perciò nulla sapeva dei miliardi di lire versati da Berlusconi sul conto All Iberian. Niente dei 150 miliardi della maxitangente Enimont. Niente dei 54 miliardi transitati sui conti Constellation, Gold Coast, Northern Holding, rintracciati dai magistrati, e poi spariti nel nulla. Niente dei conti segreti a Hong Kong. Niente neppure delle case comprate in Spagna, con i soldi delle tangenti socialiste, ad Ania Pieroni, la sua amante. Quanto ai milioni che l’architetto Silvano Larini gli portava ogni settimana in contanti, avvolti in fogli di giornali, erano questioni di cui si occupava Enza, la sua segretaria. Parlava lento con lunghe digressioni. Intanto fumava una sigaretta dopo l’altra, buttando la cenere per terra e poi anche i mozziconi accesi. Se ne fregava dei medici che gli avevano proibito di fumare. E se ne fregava della buona educazione… Disse che avrebbe scritto per intero la sua storia e tutte le sue clamorose verità sull’inchiesta. Finì l’acqua e finì le sigarette. Senza mai offrire né l’una, né le altre. Alzandosi disse: “Non credo che ci rivedremo”.
Fin qui l’intervista di Pino Corrias.
Ps – E’ il bilancio di un gambler di intelligenza superiore alla media finito male, per il quale i fatti avevano sempre avuto un’importanza secondaria – tanto nel successo della sua parabola politica quanto in quella discendente delle giornate senza fine di Hammamet, da imputato sconfitto.
Piazzale Loreto e Hotel Raphael: due facce del disturbo borderline.

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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