Otto anni fa 26 milioni di italiani (la larghissima maggioranza di quelli che andarono a votare) sancirono che la distribuzione dell’acqua dovesse essere pubblica.
Uno dei grandi successi del populismo al grido di “l’acqua è di tutti e non si tocca!”.
In effetti si parlava di distribuzione e non di proprietà dell’acqua (mai messa in discussione).
Ora ecco i risultati: siccità incombente nel Sud Italia, miliardi spesi senza nessun risultato (invasi mai puliti, dighe mai finite, ecc.), interventi d’emergenza al limite del ridicolo (il Governo che manda finanzieri a scovare i ladri di un’acqua che non c’è), impianti idrici che disperdono metà dell’acqua immessa (Napoli e Palermo su tutti), impianti di depurazione che non esistono (per cui l’Italia paga 125000 euro al giorno di multe alla UE) o che versano in mare l’acqua così pulita (ed è in arrivo una nuova procedura di infrazione).
Siamo proprio sicuri che affidare la distribuzione agli enti pubblici sia stata una buona idea? Non si vuole sostenere che privatizzando sarebbe stato un paradiso, ma almeno si sarebbe potuto almeno mettere a gara i servizi e sostituire gli inefficienti.
Altrimenti continueremo nello scandalo per cui il Paese con maggiori piogge d’Europa continuerà ad affidare il controllo dei pozzi privati alle provincie (che non se ne occupano da anni) e avere la regione più assetata d’Italia (la Sicilia) in cui sono stati respinti decine di progetti Pnrr perché privi di documentazione o palesemente inattuabili
di Libertates