La buffonesca vicenda della multa appioppata alla Juventus perché i bambini invitati alla partita di calcio nel suo stadio hanno accompagnato con il grido “merda!” i rinvii del portiere avversario, non è soltanto un episodio di colore. E’ la prova anzitutto dell’insopportabile autoritarismo sempre connaturato alla censura di un’espressione, per quanto volgare. Ma è anche una manifestazione dell’eterna stupidità dei censori. Chiunque sa, infatti, che la proibizione incita di per sé alla trasgressione: vale per chi vuole proibire il fumo, la prostituzione, i cibi grassi, gli stereotipi culturali, eccetera. Cioè: più tu me lo proibisci, più io provo il desiderio di fare qualcosa. Lo stesso motivo per cui, a scuola, la più incontenibile ridaiola colpisce sempre e soprattutto gli studenti terrorizzati dal professore severissimo. In realtà, qualsiasi norma che intende reprimere e punire il pensiero, viene sepolta presto dalle risate beffarde: valga per tutti la scritta di sole tre parole “Storace chi legge” che spuntò sui muri d’Italia al tempo del fascismo, ridicolizzando il codice penale.
E però non c’è neppure troppo da ridere: infatti, punire in modo grottesco i cori degli stadi (dove i tifosi vanno da sempre per manifestare rumorosamente la loro ostilità all’avversario) in realtà è parente della odiosa repressione dei reati d’opinione. Riguardino essi il fascismo, il comunismo, il negazionismo, l’omofobia, il razzismo, il maschilismo o tutto ciò che in un periodo storico si vuole demonizzare, si torna poi sempre al punto di partenza: le manifestazioni del pensiero e la libera espressione, se non sconfinano nella diffamazione o nell’incitamento alla violenza, qualificano chi se ne fa portavoce. Punto e basta. Ma la legge non c’entra. E smettiamola, per favore, con l’invocare leggi per punire reati d’opinione che servono soltanto a soddisfare il moralismo conformista.
Gaston Beuk