In questi giorni dopo il rincaro del gasolio sono scoppiate le (giustificate) proteste degli autotrasportatori del Sud che si vedono riconosciute circa 1000 euro per un carico di ortofrutta da trasportare al Nord quando il solo costo del gasolio si avvicina ai 1200 euro: autentico sfruttamento.
Logica soluzione: fermare i trasporti e aspettare gli inevitabili sussidi per evitare un blocco delle forniture.
Ma il dato impressionante è che il 95% di tutti i trasporti di ortofrutta avviene su gomma: un numero incredibile di autocarri che percorrono migliaia di chilometri su e giù per la Penisola.
Tutto ciò quando da almeno trent’anni si parla della necessità di trasferire il trasporto merci su ferro: cosa fatta ormai in tanti Paesi europei. Sarebbe questo tipo di trasporti, tra l’altro, ideale per farlo su ferrovia o, addirittura, su nave: sono merci che viaggiano da punto a punto, cioè senza fermate intermedie e consegne capillari; nel caso da Sicilia o Puglia sino a Fondi (il grande mercato ortofrutticolo all’ingrosso) e poi sino ai grandi mercati del Nord.
Tra l’altro spesso questi trasporti sono terreno di conquista per le varie mafie.
Sarebbe un modo per evitare sprechi: un treno (o una nave) consumano e inquinano molto meno di decine di camion, non intasano strade e autostrade.
Ma il trasporto merci su ferro latita: solo qualche compagnia privata fa servizi di treni di container soprattutto con l’estero; le linee con il Sud sono rimaste allo stato di cinquant’anni fa; ritardi e inefficienze sono all’ordine del giorno.
Ecco i risultati di una politica che guarda agli interessi immediati, alla caccia del voto e tralascia quegli investimenti che sono una polizza per il futuro.
Cambierà qualcosa? Ne dubitiamo; passata l’emergenza si tornerà ai palliativi, alle dichiarazioni roboanti, ai mega progetti e tutto rimarrà come prima
di Angelo Gazzaniga